Uno studente su cinque non supera il biennio superiore. Tra bocciati e studenti a rischio dispersione questo è il dato che emerge in Brianza: il 20 per cento è a rischio. Un dato che preso così, con tutte le incognite del caso, è in linea quello del resto del Paese, dove il livello di abbandono definitivo si aggira intorno al 14 per cento.
Le incognite, intanto: non esiste una anagrafe scolastica delle scuole superiori in grado di tenere traccia delle rinunce, delle fughe e degli spostamenti degli studenti all’interno del sistema di istruzione superiore, non più dell’obbligo. E allora si tratta di stime, ma stime con cui è necessario fare i conti. I dati lombardi di soli tre anni fa, né troppo vicini né troppo lontani, dicono che nel territorio regionale (fonte Istat) l’abbandono prematuro degli studi si aggirava attorno al 12.9 per cento, in riduzione rispetto al decennio precedente: si partiva dal 22,4 del 2004 per arrivare al 18 del 2010 e scendere progressivamente.
La media tra ragazzi e ragazze nascondeva un picco negativo per i primi: 15,4 per cento, molti di più delle seconde, intorno al 10,2 per cento. L’obiettivo europeo era già allora quello di scendere sotto la soglia del 10 per cento. Un paio di lemmi per capire di cosa si parla: si tratta di abbandono quando si registra il “mancato raggiungimento del risultato finale previsto (sinonimo di drop out). A prescindere dal percorso svolto non si raggiunge il titolo di studio finale e, quindi, il successo formativo”; è dispersione quando si ha a che fare con “un insieme di casistiche più ampio” che “comprende anche i fenomeni di ritardo nel conseguimento del risultato finale (ripetenze, passaggi dal percorso scolastico prescelto ad un altro percorso di istruzione e/o formazione)”.
La dispersione non implica l’abbandono, osservava un rapporto Eupplis di maggio 2016, poco meno di due anni fa, ma i fenomeni sono strettamente correlati: tra i numeri a disposizione, per quanto ormai datati. quel 29,8 per cento di ragazzi iscritti al primo anno nel 2009/2010 dispersi nel 2013/2014, cioè 83.261 contro 58.445.
C’è altro, un gradino più in basso, il numero di alunni che non conclude nemmeno il sistema dell’obbligo: sono poco più di venti i ragazzi delle medie a Monza che non frequentano un plesso scolastico e sono a forte rischio dispersione.
Due settimane fa l’amministrazione, gli istituti scolastici e alcune associazioni del territorio sono scesi in campo per trovare una soluzione. Ci sono ragazzi che ottengono la licenza media a 17 anni ma non possono andare a lavorare o tantomeno continuare gli studi. Per Duilio Fenzi, dell’ufficio scolastico territoriale, «si devono studiare azioni specifiche sull’orientamento, che siano strutturate, mirate e coordinate».
«Negli ultimi dieci anni abbiamo lavorato con 166 ragazzi – ha detto la coordinatrice dell’associazione Antonia Vita, Cecilia D’Alessio – che hanno raggiunto la licenza media, non tutti tredicenni, abbiamo studenti anche di sedici anni, che sono stati bocciati più volte. L’utenza è mista, gli alunni stranieri sono circa il 27 per cento. In dieci anni il tasso di successo è del 99 per cento».
Il problema è che con le scuole superiori non c’è ancora un rapporto di continuità. «Dobbiamo aprire un tavolo di riflessione – ha detto Simona Ravizza, direttrice della Vita – per cercare soluzioni che permettano di superare il gap. Trovare percorsi personalizzati».