Arriva a due voci la replica al capogruppo regionale Pd Enrico Brambilla sul referendum lombardo: il democratico aveva sottolineato come le pretese avanzate dalla Lega non siano altro che il tentativo di mascherare un tentativo di secessione alla catalana. Per il parlamentare leghista Paolo Grimoldi, segretario della Lega lombarda, «è incredibile come il Pd anche oggi, con i suoi soliti ultimi giapponesi sull’isola, con i Brambilla, i Mirabelli, riesca a negare la realtà».
Per Grimoldi «il referendum per l’autonomia ha un’enorme e ovvia valenza politica e serve per avere un consenso, tangibile, di milioni di cittadini lombardi per dare forza alla richiesta che la Lombardia porterà poi al tavolo dove si svolgerà la trattativa a Roma per l’attribuzione di maggiori competenze e di maggiori risorse». La Lega sostiene che il sostegno al referendum permetterà al presidente Roberto Maroni di non andare a Roma col cappello in mano (come sta per fare il suo collega emiliano Bonaccini»), «ma andrà a testa alta, con le spalle larghe per il mandato ricevuto dai cittadini, chiedendo di trattenere il 50% del residuo fiscale, ovvero circa 27 miliardi, per avere maggiori competenze e dare più servizi ai cittadini».
Secondo il leghista Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del consiglio regionale lombardo, «dire che la Lombardia ha imboccato la via catalana della secessione è una boiata pazzesca: ormai lo sanno anche i muri che il referendum del 22 ottobre è perfettamente legale tanto che nel quesito è richiamata la Costituzione e l’unità del Paese. La verità è che il Partito Democratico è in totale confusione: da una parte ci sono i sindaci che, conoscendo i problemi del territorio, andranno a votare convintamente sì e dall’altra ci sono i dirigenti di partito come Brambilla che ragionano con logiche politiche vecchie di decenni e si inventano bugie sul referendum.»