Non scaldano il cuore né dei cittadini né dei partiti i cinque referendum sulla giustizia in programma domenica 12 giugno: la campagna elettorale non solo stenta a entrare nel vivo, ma non pare neppure iniziata e non perché sia fagocitata da quella per le amministrative. Sui quesiti, promossi da Lega e Radicali e sottoscritti anche da esponenti di altre formazioni tra cui Matteo Renzi, è calato il silenzio: i primi a non parlarne sono i leader dei partiti nonostante il dibattito sulla riforma della giustizia sia da decenni uno dei temi caldi della politica italiana, frutto di aspri scontri tra gli schieramenti.
Referendum del 12 giugno: il quorum a rischio
I referendum sembrano condannati a non superare il quorum del 50% più uno degli elettori e, di conseguenza, a essere cestinati: difficilmente la soglia verrà avvicinata nelle città in cui non si vota per le amministrative. L’affluenza, probabilmente, sarebbe stata più alta se la Corte Costituzionale avesse ammesso il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati e i due promossi dall’associazione Luca Coscioni sulla liberalizzazione della coltivazione della cannabis per uso personale e sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente per i medici che praticano l’eutanasia.
Le cinque schede del referendum del 12 giugno
Domenica 12 gli elettori riceveranno cinque schede: quella rossa chiede l’abrogazione della legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per i parlamentari, i membri del Governo, i consiglieri regionali e gli amministratori locali condannati per reati gravi. La norma viene applicata anche per condanne in primo grado di persone già elette che possono essere sospese dagli incarichi fino a 18 mesi: in caso di vittoria dei sì i giudici decideranno di volta in volta se applicare l’interdizione dai pubblici uffici.
La scheda arancione propone di eliminare la reiterazione del reato dai motivi di applicazione della custodia cautelare, sia in carcere che ai domiciliari, prima dell’inizio del processo. Attualmente la carcerazione preventiva è prevista nei casi di pericolo di fuga dell’indagato, di inquinamento delle prove e, appunto, della possibilità che possa commettere nuovamente il reato.
Il testo del terzo quesito, stampato sulla scheda gialla, è tra quelli più lunghi mai proposti agli elettori: l’articolato invoca, in estrema sintesi, la separazione delle carriere dei magistrati tramite l’eliminazione di quelle che vengono definite porte girevoli. I promotori del referendum puntano a impedire che i magistrati possano passare dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero e viceversa. La riforma Cartabia ha limitato a due le possibilità di cambiare funzione durante la carriera mentre fino a poche mesi fa erano ammessi fino a quattro passaggi.
La scheda grigia riguarda la cosiddetta equa valutazione dei magistrati e propone di estendere agli avvocati che compongono i consigli giudiziari la facoltà di esprimere il parere sulla professionalità e l’operato dei magistrati. La possibilità è, peraltro, prevista dalla riforma Cartabia.
La scheda verde accende i riflettori sulla riforma del Csm e propone la cancellazione dell’obbligo per i candidati al Consiglio superiore della magistratura di presentare da 25 a 50 firme a proprio sostegno. Nelle intenzioni dei promotori l’abrogazione del passaggio dovrebbe spazzare via le correnti interne all’organismo.
Referendum del 12 giugno: chi altro li ha proposti
I cinque referendum sono stati richiesti anche dai consigli regionali di nove regioni, tutte governate dal centrodestra: dall’assemblea della Lombardia e da quelle di Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria e Veneto.