Se proprio carcere deve essere che almeno sia in compagnia di amici. Molto probabilmente ha pensato questo A.S., 35 anni, residente a Meda, quando giovedì 20 dicembre ha bussato alla porta del comando carabinieri di Seregno chiedendo lui stesso di essere tradotto alla casa circondariale di Monza, ambiente a lui già conosciuto e frequentato da persone “amiche”. Un comportamento singolare scaturito da un atto giudiziario.
Giovedì 19 dicembre l’ufficio di Sorveglianza di Pavia ha emesso nei suoi confronti un ordine di carcerazione, in seguito alla sospensione dell’affidamento in prova in una comunità. Il giudice invece di fargli scontare la pena dietro le sbarre, aveva punito la serie di reati da lui commessi con un provvedimento alternativo: vivere in un centro di recupero. La destinazione finale era stata nelle campagne del pavese, dove nel tempo si sarebbe allontanato a più riprese e comunque non avrebbe rispettato i dettami del regime restrittivo. Violazioni che sono state regolarmente comunicate dalla comunità all’autorità giudiziaria e alla fine per il medese si sono spalancate le porte del carcere. Conscio di non poter evitare la pena, il trentacinquenne ha giocato d’anticipo: invece di aspettare l’arrivo dei carabinieri a Pavia, si è presentato direttamente a Seregno, dove sapeva benissimo di essere tradotto in carcere a Monza, luogo a lui più familiare della casa circondariale pavese.