Ospedale: c’è Monza nel team internazionale per curare la “malattia di Fabry”

La dottoressa Rossella Parini, già responsabile dell’Unità di Malattie Metaboliche Rare all’ospedale san Gerardo di Monza, è la prima autrice di uno studio su come curare la malattia di Fabry.
MONZA  PEDIATRIA ROSSELLA PARINI
MONZA PEDIATRIA ROSSELLA PARINI FABRIZIO RADAELLI

C’è una pediatra consulente della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma nel gruppo di studiosi di fama internazionale che sta conducendo ricerche sulla “malattia di Fabry”, una patologia multisistemica progressiva in cui si verificano serie complicazioni quali la nefropatia e la cardiomiopatia che possono portare il paziente a morte prematura.

Rossella Parini, già responsabile dell’Unità di Malattie Metaboliche Rare all’ospedale san Gerardo, è la prima autrice di uno studio su come curare la malattia di Fabry pubblicato sulla rivista “Drug, Design, Development and Therapy”.

Gli studiosi hanno dimostrato quanto sia importante avviare il più presto possibile, prima che la malattia raggiunga uno stadio avanzato, la terapia enzimatica sostitutiva (ERT).

La malattia di Fabry, descritta per la prima volta dai medici Johannes Fabry e William Anderson nel 1898, è caratterizzata da un progressivo deterioramento fisico dovuto al deficit di un enzima. L’insufficienza parziale o totale dell’enzima influisce sulla funzionalità cellulare comportando un ampio ventaglio di sintomi a carico di numerosi organi, tra i quali i reni, il cuore ed il cervello.

I ricercatori si sono basati sui dati del Fabry Outcome Survey (FOS), un registro internazionale promosso da una grande casa farmaceutica che dal 2001 raccoglie informazioni su persone con diagnosi confermata di malattia di Fabry, e hanno valutato gli esiti renali e cardiaci nei pazienti fino a 10 anni dopo l’inizio della terapia enzimatica sostitutiva con agalsidasi alfa.

I 560 partecipanti – tutti maschi – sono stati suddivisi in tre gruppi in base all’età di inizio dell’ERT: meno di 18 anni, fra i 18 e i 30 anni e più di 30 anni. Lo studio ha rivelato che la terapia enzimatica sostitutiva ha portato un’attenuazione della malattia renale e cardiaca progressiva nei pazienti che hanno iniziato il trattamento fra i 18 e i 30 anni di età.

“Questi dati – precisa il gruppo di ricercatori – suggeriscono che questi effetti potrebbero verificarsi nei pazienti che hanno iniziato l’ERT prima dei 18 anni. Al momento, però, non possiamo affermarlo con certezza poiché la malattia di Fabry evolve nelle prime tre decadi di vita e per la mancanza di un gruppo di controllo. Generalmente ci si aspetta che i pazienti più anziani abbiano una prognosi peggiore. Infatti, rispetto agli altri due gruppi, i pazienti più anziani potevano trovarsi in uno stadio della malattia più avanzato. Tutto ciò rafforza l’idea che per ottenere un rallentamento nella progressione della malattia sia necessario iniziare precocemente il trattamento”.