C’è chi dà le dimissioni per tempo dal lavoro, e per tempo inoltra la domanda di pensione, rispettando tutti i termini di legge. Peccato che poi la pensione tardi ad arrivare e si rimanga per mesi in un limbo, senza più lo stipendio e senza ancora la pensione. Succede a Monza e in Brianza, a centinaia di persone. E l’avvento di Quota 100 ha, se possibile, peggiorato la situazione.
A lanciare l’allarme è il patronato Inca della Cgil Monza Brianza anche se, a onor del vero, questa volta la sede Inps di Monza e Brianza non c’entra nulla. Il perché è presto detto: i ritardi nell’erogazione delle pensioni riguardano soprattutto i dipendenti pubblici (scuola, sanità, enti locali). E la gestione dei dipendenti pubblici dipende dalla sede Inps di Milano.
Allo sportello. «In questi giorni -spiega Davide Cappelletti , responsabile del patronato Inca Cgil di Monza- ai nostri sportelli vediamo arrivare decine di persone ogni giorno che si lamentano dei ritardi. Si tratta di pensionati e pensionandi pubblici che fanno capo alla sede Inps di Milano».
Esempi? «Recentemente ho visto arrivare due dipendenti pubblici che hanno inviato la domanda per pensione di reversibilità lo scorso gennaio e a tutt’oggi non hanno visto niente. E ancora: siamo a dicembre e centinaia di pensionandi dal settore scuola, formalmente in pensione dallo scorso 1° settembre, non hanno ancora visto un soldo. Ricordo che il termine che la legge stabilisce per definire le pratiche, da quando la domanda viene presa in carico dall’Inps, è di sessanta giorni. A Monza e in Brianza questo termine viene di regola rispettato. Per quanti devono passare da Milano, invece, i ritardi si accumulano».
«Manca un documento». «L’introduzione di Quota 100 (205mila domande in Italia a tutto novembre, di cui 62mila di dipendenti pubblici) -prosegue Cappelletti- ha avuto un certo impatto sugli uffici Inps. Purtroppo bisogna dire che, per i dipendenti pubblici, presentare le dimissioni sei mesi prima delle data di inizio della pensione e trasmettere la domanda all’Inps non significa avere la certezza di ottenere la pensione nei termini di legge. Spesso nella pratica in itinere manca un documento, ma questo non è un problema che si può addossare al pensionando che si presenta allo sportello. Se poi il lavoratore ha pagato contributi in forma diversa (ad esempio si è iniziato a lavorare da precari, poi si è lavorato nel privato per approdare infine nel settore pubblico), tutto si complica».
E aver introdotto procedure telematiche, pin e Spid evidentemente non ha risolto più di tanto le grane: «Per i precari, siano essi dipendenti pubblici, privati o autonomi, la fase istruttoria la fa comunque Milano. Per i soli dipendenti pubblici, l’accredito dei contributi per maternità o per servizio militare, i riscatti agevolati o le ricongiunzioni richiedono anche anni» segnala Cappelletti.
E il settore scuola sembra essere il più delicato: «Ora stiamo gestendo i pensionati dal 1° settembre 2019. Già da gennaio ci aspettiamo l’ondata dei pensionandi dal 1° settembre 2020, che dovranno presentare le dimissioni. Ma questo non garantisce loro la continuità tra stipendio e pensione. La risposta spesso è che la pratica è in lavorazione. Una risposta evidentemente non soddisfacente».
Una via d’uscita a questa situazione potrebbe essere l’istituzione della gestione dei dipendenti pubblici monzesi e brianzoli presso la sede Inps di Monza Brianza: «Sarebbe utile un’azione comune delle istituzioni, in primis il sindaco di Monza, la Provincia e i sindacati, in questo senso».
Differenze.Ma qual è la mole di nuove domande di pensione cui gli uffici Inps di Monza e Brianza devono far fronte ogni anno? Le pensioni erogate per il settore privato, secondo le varie categorie, sono poco più di 227mila (si veda la tabella in alto), cui si aggiungono, in media, poco più di 9mila domande nuove all’anno (9.157 nel 2018: elaborazione dell’Osservatorio Previdenza della Cgil su dati Inps). Nel settore pubblico gli uffici di Milano erogano ogni anno quasi 140mila assegni, di cui 6.321 si sono aggiunti nel 2018. Entrambi i dati sono a livello provinciale, impossibile estrapolare il dato MB.
Tra i tanti dati disponibili, spicca il divario tra gli importi medi mensili delle pensioni (settore privato) riscosse in Brianza dagli uomini e dalle donne: 1672 euro in media per i primi, 874 per le seconde. Molto meno netta (in media il 25% in più a favore degli uomini) la differenza che c’è nel settore pubblico.