Via Umberto I a Monza. A due passi dall’ex ospedale di via Solferino e dal comando di polizia locale di via Marsala. Civico 3, una palazzina rossa: piano terra e primo piano. Una dozzina i richiedenti asilo provenienti dall’Africa centrale ospitati in due monolocali con giardino: la segnalazione è arrivata alla redazione mobile di piazza Roma. Si arricchisce, così, di nuovi dettagli la mappa dei luoghi destinati all’accoglienza delle persone che hanno richiesto protezione internazionale. Non solo via Asiago e via Vittorio Veneto (ma non più via Manzoni).
«Comandano loro»: i residenti del piccolo condominio non hanno più pazienza. «Ma non perché – spiegano – siano “brutti e cattivi”: ci mancherebbe. Ma manca il rispetto delle regole, anche di quelle più basilari, che disciplinano la convivenza civile».
Insomma: per chi è scappato dalla fame e dalla guerra non è facile abituarsi a vivere in un condominio del borghese e residenziale rione di San Carlo. Gli odori derivanti dalla cottura di cibi della tradizione africana, la difficoltà a comprendere l’utilità della raccolta differenziata, lo scarso rispetto degli orari di riposo degli altri inquilini. La scarsa cura nella gestione delle parti comuni che porta a pareti imbrattate, cancelli aperti, rifiuti abbandonati qua e là. «Dovrebbero essere cinque, massimo sei per appartamento – spiegano i condomini – ma averne un conteggio preciso è difficile, perché il via vai è costante. Di giorno, ma soprattutto di sera, ospitano amici e amiche, anche se non potrebbero. Così, fanno festa fino a tardi e noi non dormiamo».
È un copione che si ripete, uguale, in ognuna delle palazzine che, nel corso dei mesi, hanno iniziato ad ospitare richiedenti asilo: palazzine che continuano ad aumentare. Perché dietro all’imponente facciata del condominio di via Asiago 8/D si nasconde una miriade di piccoli altri palazzi e di eleganti abitazioni nei cui appartamenti sono stati alloggiati – e chissà per quanto tempo resteranno ancora – decine e decine di richiedenti asilo. A fornire un elenco (sommario) la cooperativa Ubuntu, che gestisce in maniera diretta e indiretta circa duecento dei richiedenti asilo ospitati a Monza.
«Via Asiago – spiegano gli operatori – e poi via Cantalupo e via Doberdò. Via Duca degli Abruzzi, via Giordano e viale Lombardia. Via Vittorio Veneto, via Umberto I. Via Sabotino, via Brembo e via Tommaseo».
Un elenco in costante aggiornamento, visto il perdurare dell’emergenza profughi in tutto il paese. A occuparsi dei richiedenti asilo non solo la cooperativa Ubuntu, ma anche altre cinque o sei realtà, tra cui la Fondazione Comunità Monza Brianza. Alcuni dei ragazzi ospitati in via Umberto I stanno svolgendo due volte a settimana “attività di giardinaggio e di pulizia presso il parco di Monza in affiancamento alla squadra di operai” del Consorzio: hanno anche dato una mano in occasione della messa che papa Francesco ha celebrato in città.
Ma sono tante le possibilità che la cooperativa ha predisposto per aiutare i richiedenti asilo a recuperare la propria autonomia e la propria “dimensione relazionale e sociale”, in collaborazione «oltre che con il comune di Monza – precisano da Ubuntu – anche con Auser, Casa del volontariato, il centro civico di via D’Annunzio, Creda onlus e diverse altre realtà, tra cui la cooperativa Diapason, la Fondazione Tavecchio e l’associazione Ellisse. Oltre alle lezioni di italiano, vengono offerti anche corsi professionalizzanti e di orientamento al lavoro, oltre a percorsi psicologici mirati».