Per tirare le somme è ancora troppo presto: bisognerà aspettare almeno il termine delle festività, se non addirittura i mesi di febbraio e marzo, quando la Camera di commercio terminerà di elaborare i dati relativi alla chiusura delle attività.
«Solo allora avremo contezza delle imprese che hanno tirato fino alla fine di dicembre, per poi decidere di non riaprire più con l’anno nuovo», commenta Domenico Riga. Per il presidente dell’Unione commercianti di Monza e del circondario «da quando, con l’ingresso nella zona arancione e poi in quella gialla, è stato possibile riaprire le attività commerciali, si è registrata una buona vitalità» anche se, ovviamente, «è inimmaginabile pensare che questo ci possa salvare dalla tragedia di tutto l’anno: la maggior parte delle nostre imprese chiuderà il 2020 con un fatturato minore del 60, 70% rispetto a quello del 2019. Le attività storiche potrebbero avere maggiori possibilità di accusare meno il colpo. Discorso differente, invece, per quelle più giovani».
«Tra le categorie più in difficoltà, oltre ai pubblici esercizi, i negozi di abbigliamento». Lo spiega la delegata territoriale di Confesercenti Ada Rosafio: «Nonostante le sanificazioni, resta del timore nel provare i capi. E poi non si acquistano vestiti perché si esce di meno, non possono essere organizzati eventi o iniziative». Quanto ai negozi di vicinato, invece, oltre ai quelli che vendono generi alimentari, la cui riscoperta risale al periodo del primo lockdown, «stanno riscuotendo un buon successo anche le ferramenta e i negozi che vendono piccoli utensili». Ma la necessità più impellente, secondo Confesercenti, resta quella di «predisporre una piattaforma dedicata all’e-commerce cittadino»: una proposta su cui l’associazione di categoria si sta confrontando anche con l’amministrazione comunale. «Intanto, però, tutte le nostre attività hanno la necessità di stare aperte: aumentate i controlli e sanzionate che non rispetta le regole, ma fateci lavorare» è l’appello rivolto alle istituzioni.