Giorgio Crespi ha 51 anni e da due anni vive in una cantina. Non un piccolo appartamento, che possiede ma in cui non può stare, una cantina: senza finestre, senza riscaldamento, senza servizi igienici, senza acqua. Vive nella cantina del suo condominio, lo stesso dove ha abitato con la sua famiglia per tutta la vita, nel quartiere San Rocco, a Monza.
Una vita segnata anche da un procedimento giudiziario che suo malgrado l’aveva buttato in cronaca sui giornali: il disastro dell’ex Lombarda Petroli.
Monza: la storia di Giorgio Crespi, l’aiuto e il sostegno di un vicino
Crespi nel suo condominio conosce tutti e tutti lo conoscono, eppure l’aiuto è arrivato solo da un vicino di casa che lo scorso settembre, dopo che Crespi ha lasciato il lavoro da giardiniere, lo ha aiutato a liberare la sua cantina dal cumulo di spazzatura e rifiuti in cui viveva.
Ci sono volute ore di lavoro e 160 sacchi dei rifiuti per ripulire quella che è più simile a una cella di sicurezza che non a una “casa”. Ora la cantina di Giorgio Crespi è pulita, non dorme più sopra rifiuti e immondizia e grazie a un letto, una cassettiera, una lampada e uno scaldino elettrico ha assunto un aspetto più vivibile.
«Giorgio vive in queste condizioni da due anni. Lo conosco da quando era ragazzo, non posso permettere che continui a vivere in questo modo: è disumano. Lo avrei aiutato a ripulire prima, ma fino ad agosto aveva un impiego come giardiniere e diceva di non avere tempo per dedicarsi alle pulizie. Ora controllo io che tenga in ordine e pulito quel piccolo scantinato», racconta il vicino di casa.
Monza: la storia di Giorgio Crespi, l’appello alle istituzioni per un aiuto
In questi mesi Crespi e il suo vicino, ormai come un padre per lui, hanno fatto appello a tutti: dai servizi sociali, informati fin da subito del grave stato di indigenza in cui versa l’uomo, ai vigili, dai carabinieri alla polizia e poi il Comune, il sindaco Paolo Pilotto, gli assessori competenti, perfino la prefettura. Il prossimo incontro con i servizi sociali di Monza è previsto per giovedì 15 febbraio.
«La cosa più importante è che Giorgio rientri in possesso della sua casa». Crespi è proprietario di un monolocale nello stesso stabile. La casa però al momento è occupata da un altro inquilino. Ma non solo. «A Giorgio serve un lavoro, lui è disponibile a lavorare e trovare un nuovo impiego sarebbe un altro passo verso la normalità».
Monza: la storia di Giorgio Crespi, la vicenda della Lombarda Petroli
Eppure la vita di Giorgio Crespi, alla disperata ricerca di “normalità”, continua ad essere sbattuta dalla tempesta, anche giudiziaria. La notte tra il 22 e 23 febbraio 2010 Giorgio era custode alla Lombarda Petroli di Villasanta, quando ignoti (mai identificati) entrarono e provocarono lo sversamento di oltre 2000 tonnellate di idrocarburi fuoriusciti da due cisterne. Un disastro ecologico immane. Le acque inquinate arrivarono al Lambro e confluirono poi nel corso del Po.
Per quella tragedia ambientale Crespi fu condannato, lui solo, a cinque anni in primo grado, ridotti poi a meno di due anni in Appello, quando venne riconosciuta la responsabilità anche di Giuseppe Tagliabue, titolare della raffineria. Chiusa la vicenda penale (Crespi non intende continuare in Cassazione) resta aperta la causa civile per i risarcimenti legati al disastro colposo. Lo scorso aprile il tribunale ha condannato l’ex custode e Tagliabue a un risarcimento di un milione di euro in favore di Regione Lombardia.
Monza: la storia di Giorgio Crespi, le giornate senza uscire fino alla notte
Nella piccolissima cantina di San Rocco, senza acqua e riscaldamento, Giorgio Crespi non riesce nemmeno a pensare a quella cifra: un milione di euro è talmente oltre la sua immaginazione che distogliere il pensiero è l’unico modo per continuare a sopravvivere.
Perché questo fa Crespi, tutti i giorni, sopravvive. «Non esco mai – racconta mentre apre timido la sua “casa” – Non mi piace incontrare la gente. Esco solo di notte, per vuotare la spazzatura e fare due passi quando non mi vede nessuno. Passo le mie giornate qui in cantina, sdraiato sul letto, a vedere la tv usando uno smartphone, grazie alla connessione wifi del bar vicino».
«Il mio pensiero è Giorgio – conclude il vicino – non mi darò pace fino a quando non tornerà a vivere con la dignità che spetta a un essere umano. Non posso mollare, continuerò a battermi per lui»