Avevano brindato insieme, la sera del 14 dicembre. Sergio Bramini, l’imprenditore monzese “fallito a causa dello Stato”, e i membri dell’associazione “People in Debt”, che stanno seguendo il suo caso, pensavano di poter tirare un respiro di sollievo: l’asta giudiziaria per la vendita della villa di Sant’Albino, dove l’imprenditore – che vanta più di quattro milioni di crediti da parte della pubblica amministrazione – vive con i famigliari, era stata sospesa.
Bramini, infatti, aveva ricusato il giudice e il presidente della Terza sezione civile del tribunale di Monza aveva impugnato l’atto.
La doccia fredda è arrivata a una manciata di ore di distanza: la mattina successiva, Bramini e l’avvocato Pierantonio Sabini decidono di andare comunque in via Velleia, dove si sarebbe dovuta tenere l’asta: «Lì – spiegano – incontriamo il curatore giudiziario addetto alla vendita dell’immobile: veniamo a sapere che l’asta si era appena svolta e che era andata deserta. Il giudice, all’ultimo momento, aveva inviato un atto dichiarando inammissibile la ricusazione e aveva invitato il delegato a procedere alla vendita, come da iter già definito. Un comportamento per noi inaccettabile».
Si scrive due settimane fa l’ultimo capitolo dell’intricata vicenda che ha per protagonista l’ex titolare della “I.CO.M. spa”, fino al 2011, anno del suo fallimento, leader nel settore del trattamento rifiuti.
«La mia azienda è stata rovinata dallo Stato – ha spiegato l’ex imprenditore, 70 anni – vanto crediti nei confronti della Pa per oltre quattro milioni di euro. Ho gestito tanti appalti nel sud Italia: in Sicilia per 19 anni, soprattutto per l’Ato Ambiente Ragusa, e a Napoli in occasione dell’emergenza rifiuti. Il mio sbaglio è stato dare fiducia allo Stato».
Ventisei operai, 9 impiegati e 350mila euro al mese di fatturato: la I.CO.M. era un’azienda florida. Ma i pagamenti smettono di arrivare nel 2005 e Bramini si trova davanti a un bivio. Sceglie di tutelare i suoi dipendenti e le loro famiglie: «Ipoteco la mia casa e i miei uffici di Bresso – ha proseguito – Ma comunque non ho più soldi per pagare nulla. La mia casa viene messa all’asta, io e la mia famiglia, tre figli e una nipotina, rischiamo di finire in mezzo alla strada. La casa sarà rimessa all’asta a breve, a un prezzo ulteriormente ribassato».
La base sarà di 500mila euro: «Pochi per una villa di settecento metri quadri, circondata da un parco secolare», ha sottolineato. Per cercare di restare a galla Bramini le sta provando tutte: ha depositato anche due denunce penali, una nei confronti della banca e l’altra contro il curatore fallimentare. Bramini si sente preso di mira: «La mia causa è stata danneggiata – ha dichiarato – Del resto, è molto più facile prendersela con una persona perbene». Bramini è sostenuto da “People in Debt”, associazione senza scopo di lucro fondata nel febbraio di quest’anno (la sede è in via Ramazzotti 24, il telefono 039 9390) che riunisce avvocati, contabili, psicologi e ingegneri gestionali per aiutare chi si trova strozzato dai debiti. In pochi mesi l’associazione, che riceve almeno un paio di chiamate al giorno, ha seguito una trentina di casi. «Di Bramini – ha concluso Sabini – l’Italia è piena».