«Sinistro, sinistro, gancio, ginocchio. Sinistro, destro, in guardia». Guantoni azzurri e tuta della nazionale, Alessandra Borello scandisce i tempi dell’allenamento ai sacchi. Quarantadue anni , due titoli italiani di Muay-Thai, specialità della boxe thailandese, terza agli ultimi Campionati del mondo, Borello è anche psicologa dello sport e, mentre si prepara per un nuovo campionato con il maestro Vanni Faé, ha scoperto quanto lo sport che pratica e ama da sedici anni, possa essere una chiave per entrare in relazione con ragazzi e ragazze di culture diverse.
La sua palestra è sotto un portico della Fraternità Capitanio di Monza che da quarant’anni accoglie un centro diurno per minori in difficoltà e una comunità di ragazzi che negli ultimi tempi è la casa di sempre più giovani richiedenti asilo.
Mohamed e Yasser (i nomi sono di fantasia) hanno appena concluso l’allenamento con un gruppo di coetanei provenienti da Marocco, Egitto, Ghana e ora scherzano mostrando i muscoli.
Sul tatami intorno ad Alessandra ora ci sono una decina di ragazze tra i 13 e i 17 anni, entusiaste per la lezione. Jennifer indossa il velo e prende a pugni il sacco: è il suo modo per scaricare la rabbia di aver vissuto a 14 anni il dramma di separarsi dalla mamma, affrontare un viaggio su un barcone tra orrore e violenza, ritrovarsi sola in Italia a immaginare una nuova vita.
«Lo sport è un modo meraviglioso per entrare in comunicazione con ognuno di questi ragazzi – spiega ancora Alessandra Borello – la barriera linguistica e culturale cade davanti ad un sacco e due guantoni. In palestra è più facile parlare, tirare fuori la rabbia che ognuno di loro ha dentro, cercare di superare il trauma di un viaggio a cui nessuno di loro ha detto no, scoprire di non essere inadeguati, rimettersi in gioco e acquistare sicurezza».
Quest’anno grazie a un finanziamento della Fondazione della comunità di Monza e Brianza lo sport è entrato anche al Centro Islamico di via Ghilini con il progetto “Giù la guardia”: un corso di difesa personale per una decina di ragazze musulmane che frequentano la struttura.
«L’idea è nata l’anno scorso dopo alcuni episodi di islamofobia – spiega ancora – per alcune ragazze portare il velo a scuola o per strada è diventato difficile. Dopo gli attacchi di Parigi, Nizza, Berlino sentono addosso lo sguardo di sospetto degli altri, hanno paura di essere aggredite. Hanno imparato le mosse della boxe thailandese utili per difendersi da un’aggressione, ma il corso è stato anche un momento di incontro e di confronto tra ragazze nate in Italia da genitori stranieri che si sentono parte di due culture».
Il corso di quest’anno che si è concluso prima dell’inizio del Ramadan ha coinvolto per la prima volta anche un gruppo di donne musulmane il martedì mattina.
«Per loro – racconta Alessandra – è stata una rara occasione di uscire di casa, prendersi cura di sé, fare qualcosa per il proprio benessere, incontrarsi con le altre e trovare anche la forza di tirare fuori una fatica difficile da esternare a parole».
I numeri intanto dicono che gli arrivi degli stranieri in Brianza non si sono mai interrotti, ma i flussi si sono assottigliati di molto rispetto ai picchi raggiunti nell’estate del 2016 e nei primi mesi del 2017. Basta scorrere i dati delle presenze dei richiedenti asilo per rendersi conto che gli accordi con la Libia stretti dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti – al quale ha tributato apprezzamento per il lavoro fatto anche il nuovo ministro Matteo Salvini – hanno avuto effetti diretti sul nostro territorio: nell’ultimo trimestre del 2017 gli approdi in Lombardia sono calati del 90% rispetto allo stesso periodo del 2016; nel primo trimestre del 2018 nella provincia di Monza sono giunti 106 richiedenti asilo a fronte dei 190 usciti dal programma di accoglienza mentre negli ultimi tre mesi del 2017 sono stati registrati 66 nuovi ingressi e 173 uscite.