«Diceva ‘ahia ahia’, e poi ‘va bene te lo do (intendendo la droga che aveva in tasca ndr), sto morendo, sono morto»: sarebbero le ultime parole proferite, prima di morire, da Cristian Sebastiano, il 42enne ammazzato a coltellate la mattina del 29 novembre sotto i portici delle ex case Gescal di via Fiume a San Rocco, Monza, secondo il racconto di uno dei due minorenni, il 15enne, accusati dell’omicidio.
I due avrebbero ricevuto duemila euro per compiere il delitto, in pieno giorno, per debiti di droga e rancori personali. A raccontarlo sembrano storie provenienti da qualche barrio sudamericano, e invece è la ricostruzione che gli investigatori fanno dell’omicidio. La svolta nelle indagini è arrivata settimana scorsa con l’arresto di G.G. un 43enne italiano residente nel medesimo quartiere accusato di concorso morale nella rapina e nell’omicidio di Sebastiano, per il quale sono in carcere i due minorenni del quartiere (processo con l’abbreviato fissato il 13 luglio).
Il 43enne, difeso dall’avvocato Anna Zottoli, ha risposto lunedì alle domande del gip Cristina Di Censo. Il legale ha annunciato di voler ricorrere al Riesame contro la misura. La figura dell’arrestato emerge nelle dichiarazioni di diversi testimoni, raccolte dagli inquirenti. Racconta un ragazzo di San Rocco amico dei due imputati «Mi hanno detto che G.G. ha pagato i due ragazzi per uccidere Cristian. Me lo hanno raccontato il giorno dell’omicidio di Cristian. G.G. lo ha fatto per la lite che è avvenuta tra Cristian e i suoi familiari. Io credo che abbia mandato i due a uccidere Cristian anche per motivi di soldi e di droga».
La prima a parlare è stata la madre di questo ragazzo, il 3 dicembre: «Mio figlio ha raccontato che uno dei due ragazzini arrestati gli ha aveva chiesto di partecipare all’omicidio di Cristian Sebastiano, e che il delitto gli era stato commissionato da G.G. in cambio di 2mila euro, lo hanno fatto per soldi». Versione smentita dal 14enne, e anche dal 15enne il quale però aveva in un primo momento ammesso. È emerso però che soprattutto il primo frequentava casa di G.G., dove si sono trovati prima dell’omicidio («una volta ha detto di volerlo ammazzare, i famigliari di G.G. non hanno detto nulla, G.G. ha detto se volete farlo, fatelo bene, forse c’era di mezzo qualche debito. Io a Cristian non l’ho toccato ero distante, ho visto che lo colpiva. C’era un solo coltello», dice il 15enne, al quale vengono contestata comunque una parte attiva nell’omicidio.
Il racconto del 14enne mette paura: «Gli ho detto (al complice 15enne ndr) che prendevamo il coltello, andavamo là e lo rapinavamo, lui l’ha fermato col braccio mentre scappava, abbiamo ributtato dentro Cristian sotto i portici. Davanti ai familiari di G.G. ho detto ‘lo rapiniamo’, non ho detto ‘lo ammazziamo’ ho tirato fuori il coltello, Cristian ha gridato il mio nome e io l’ho colpito. L’ho colpito altre volte, e poi ce ne siamo andati. Sono tossicodipendente, lui veniva al Sert con me, facevamo la stessa strada e lui tirava sempre fuori la droga. Mi ha rovinato la vita».