È nato nel giorno degli innamorati e ha fatto perdere la testa a milioni di appassionati. Il primo colpo di pedale nella gara dell’esistenza Gianni Bugno lo dà a Brugg, cantone svizzero dell’Argovia, il 14 febbraio del 1964.
Per un crudele gioco del destino, esattamente 40 anni dopo morirà Marco Pantani. Che la vita sia una ruota, Bugno lo comprende ancor prima di arrivare a Monza, che sarà ed è tuttora la sua città. I suoi 57 anni, domenica li trascorrerà ripensando anche all’estate di quando ne aveva 27. Una giornata calda, ma piacevole alle latitudini che regala Stoccarda. Gianni ci era arrivato per correre il Campionato del mondo, l’anno dopo quel Giro d’Italia del 1990 con il record della maglia rosa dalla prima all’ultima tappa.
Era il 25 agosto del ‘91 quando Bugno centra il titolo iridato, che addirittura bisserà l’anno successivo a Benidorm. È l’apoteosi di un ciclista dalla classe limpida come pochi altri, che farà andare le gambe molto più di quanto faranno le sue parole. Taciturno, introverso, si dirà. Pragmatico, concreto, brianzolo si finirà per leggerlo. Bugno arriva sul traguardo bruciando Rooks e Indurain e il Cittadino celebra paterno la laurea del figlio: «Un monzese in maglia iridata, mai era successo in precedenza; merito di questo ragazzo che piace, piace a tutti gli sportivi perché è leale, generoso, forte, veramente forte: il più grande. […] Bugno ha attaccato a più riprese con una determinazione entusiasmante, vigilando in testa alla corsa per non lasciarsi sorprendere dai tentativi degli avversari sebbene fosse marcato a vista in quanto favorito numero uno della corsa iridata: Mottet, Fignon, belgi, olandesi, spagnoli, infatti, attendevano solamente una sua mossa, pronti a colpire di rimessa. […]E proprio il monzese si lancia per primo ai duecentocinquanta metri, catapultandosi nella volata che vale una stagione, se non anche una carriera, la volata più importante e più difficile: Indurain non rimonta, non ce la fa, Bugno si volta sulla sinistra, controlla l’olandese in rimonta. È fatta, alza le braccia al cielo…no, aspetta, è troppo presto…ha vinto, ha vinto, è campione del mondo, Bugno campione del mondo». L’estate successiva, la leggenda del pedale avrà un nuovo semidio da venerare: Bugno concederà il bis iridato, come solo i belgi Ronsse, Van Steenbergen e Van Looy erano riusciti prima di lui. Gli servirà un capolavoro tattico e una fucilata sul traguardo per riprendersi l’iride.
Monza, che lo scorso dicembre ha ricordato con una messa il centenario di nascita di Fiorenzo Magni e a cui ha deliberato di intitolare una via, oggi scatta sui pendii imposti dalla pandemia e mette nel mirino un nuovo traguardo: quello di celebrare degnamente il trentennale della vittoria mondiale di Bugno.
«Stiamo lavorando per programmare qualcosa», fanno sapere Federico Gerosa e Paolo Brioschi dalla società. «Così come avevamo fatto con Giorgio Albani e con lo stesso Magni. Ci sarebbe piaciuto organizzare un evento per Bugno, ma le incognite legate alle restrizioni per il virus ci stanno mettendo il bastone tra le ruote. Un’idea potrebbe essere quella di organizzare insieme alla Saint Joseph un circuito degli assi in centro, in zona Arengario, abbinandolo a una gara per bambini». «Con il Pedale ci siamo sentiti», conferma l’assessore allo Sport, Andrea Arbizzoni. «In effetti le incognite non sono poche, ma abbiamo sicuramente la volontà di fare qualcosa di concreto».
«E già l’anno scorso tentammo di fare qualcosa per ricordare i 30 anni della vittoria al Giro», chiude lo stesso Gianni Bugno. «Sono state vittorie diverse, ma ugualmente significative», spiega riferendosi alla corsa in rosa e ai successivi due mondiali. «Si è trattato di successi importanti per la mia carriera. E sì, mi piacerebbe celebrarli, ma attraverso i giovani e l’incentivo da dare a loro per poter continuare a correre. Questa situazione, con la pandemia in corso, rende tutto più complicato e sinceramente ci sta logorando. Ma i bambini devono essere incentivati a guardare avanti».