Non sono numeri, ma persone con le loro storie i 357 monzesi morti di covid-19: lo ha affermato lunedì 14 dicembre il sindaco Dario Allevi durante la scopertura della stele che all’ingresso del cimitero di via Foscolo ricorda le vittime della pandemia e lo strazio dei loro parenti che non hanno potuto accompagnarli negli ultimi istanti e che, soprattutto in primavera, non hanno potuto salutarli durante il funerale. Dietro al monumento in pietra di Trani un ulivo, simbolo di pace, testimonierà in futuro la devastazione causata dal coronavirus.
A Natale, ha aggiunto il primo cittadino, ci saranno «tante sedie vuote nelle nostre famiglie: far memoria di chi ci ha lasciato è un dovere e un risarcimento». Tra i caduti del coronavirus non ci sono solo anziani ma «anche giovani in salute ed eroi tra cui medici, infermieri, sacerdoti, operatori sanitari e volontari» stroncati mentre tentavano di salvare altre vite.
«Qui – ha spiegato – i monzesi potranno portare un fiore e pregare».
Alla sobria cerimonia, oltre agli amministratori comunali, hanno partecipato i rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell’ordine, il direttore sanitario del San Gerardo Mario Alparone e dell’Ats Silvano Casazza, l’arciprete Silvano Provasi.
«In questo anno difficile – ha commentato il prefetto Patrizia Palmisani – sono stati colpiti soprattutto i nostri affetti: ogni monzese che entrerà al cimitero potrà ricordare quello che è successo nel 2020. La lapide potrà aiutare a lenire leggermente la sofferenza».
«Anche in questa esperienza così drammatica – ha proseguito – è possibile cogliere elementi di ripartenza: il territorio ha dimostrato una grande capacità di risposta attraverso il volontariato» e la solidarietà.
Quella contro il covid-19, ha osservato il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala, è una guerra peggiore delle altre in quanto non possiamo contare su azioni diplomatiche che portino alla firma della tregua: «Il nemico silenzioso – ha dichiarato – colpisce in modo selettivo i più deboli» e impedisce i contatti tra le persone. La Brianza, però, ha saputo affrontare la pandemia «con una collaborazione istituzionale unica, da prendere ad esempio».
La stele deve essere anche un monito alla prudenza perché la pandemia non è debellata: «Occorre senso di responsabilità – ha raccomandato Allevi – in tutto quello che facciamo per uscire in fretta dalla seconda ondata ed evitare la terza». Il tempo dei sacrifici non è terminato, ha detto pensando al centro preso d’assalto domenica, perché all’ospedale ci sono tuttora oltre 300 ricoverati.