Monza, a processo il “terrore di via Vespucci”: «Girava con un’accetta»

Il “terrore di via Vespucci” è a processo. Ha parlato in aula a Monza l’uomo che avrebbe spaventato un quartiere girando con un’accetta e minacciando i residenti. I testimoni raccontato, lui smentisce.
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Monza Tribunale Fabrizio Radaelli

Sarebbe andato in giro per le vie di Monza impugnando un’accetta ed equipaggiato con un giubbetto anti-proiettili. Avrebbe minacciato diversi cittadini residenti nella zona di via Vespucci, sfondando vetrine con catene metalliche e danneggiando alcune macchine in sosta. Per parecchio tempo si sarebbe trasformato in una sorta di incubo per alcuni commercianti della zona.

L’imputato, D.B., sta rispondendo di minacce aggravate e tentata rapina davanti al collegio del tribunale di Monza, presieduto dal giudice, Letizia Brambilla (a latere i giudici Francesca Bianchetti e Stefano Cavallini).

In aula hanno riferito alcuni testimoni, oltre all’imputato che ha reso interrogatorio. «B. – ha raccontato un teste – girava con accetta e giubbino anti-proiettili».

«Mio fratello mi ha raccontato che la mattina del febbraio del 2015 B. lo minacciò davanti all’asilo mentre si trovava insieme a mio nipote di tre anni. Poi avevo saputo che poco dopo aveva aggredito con un coltello un’altra persona. A quel punto sono andato ad affrontarlo perchè non era più possibile andare avanti in quel modo. Andava fermato prima che potesse peggiorare la situazione. Ne è venuta fuori una colluttazione».

«Verso mezzogiorno – ha raccontato un altro teste – lo incontrai e mi disse che aveva un coltello e che me lo avrebbe tirato addosso se non gli avessi dato dei soldi. Me l’ha puntato contro e mi ha detto: o i soldi o ti squarto in due».

«Sono schizzato in macchina e ho chiamato i carabinieri. Ero molto spaventato. Mi aveva più volte rigato anche la macchina: in un’occasione con la chiave aveva scritto sul cofano spacciatore. Un’altra volta con una catena ha distrutto una vetrina di un negozio con persone dentro».

L’imputato ha fornito la sua versione dei fatti: «Un paio di giorni prima – ha detto – avevo pagato 120 euro per acquistare la cocaina, mi hanno preso i soldi ma non mi hanno dato niente. Solo una volta avevo portato l’accetta con me, ma perchè mi serviva per i mobili: me li faccio io. Non possiedo nessun giubbotto anti-proiettili e non ho mai minacciato nessuno. Mi avevano portato via il cellulare dove avevo la registrazione della prova che loro erano degli spacciatori, ma io non ho minacciato mai nessuno. Uno di loro ha cercato di investirmi. Mi ha colpito con la macchina facendomi rimbalzare addosso a un’auto in sosta. Tutte le questioni che hanno sollevato non sono vere».

C’è tuttavia anche un terzo testimone che ha raccontato in aula di averlo visto puntare il coltello verso una delle parti offese, minacciandolo in modo inequivocabile. Si torna in aula tra qualche settimana.