La crisi ha colpito duro. E il settore metalmeccanico è quello che ne ha risentito di più: 20mila esuberi in Lombardia negli ultimi tre anni, cifra alla quale si è arrivati con i quasi 5mila tagli (4827) registrati nel 2016
Tra i territori più colpiti nel 2016, secondo i dati resi noti dalla Fiom lombarda c’è sicuramente Milano con 1374 richieste di messa in mobilità nei dodici mesi dell’anno scorso, ma è andata male anche a Varese (696), Lecco (654), Bergamo (591), Brescia (467), Monza Brianza (411), Como (247), Pavia (171). Fanalino di coda Sondrio. Sommando i dati del triennio 2014-2016 Monza conta 2378 richieste di messa in mobilità.
Al di là dei dati recenti il dato fondamentale è che la base produttiva del comparto si è ridotta notevolmente. E l’emorragia dei posti di lavoro non si ferma. «Del resto -spiegano i metalmeccanici della Cgil- sono tante le situazioni delicate disseminate su un territorio che un tempo era la locomotiva d’Italia e d’Europa. Ad oggi i casi di AlstomGE Ferroviaria, Linkra, Belleli». Casi che riguardano anche la Brianza e ai quali si aggiunge quello della Franco Tosi di Legnano, rilanciata dopo l’acquisizione da parte della Bruno Presezzi di Burago Molgora, ma ora alle prese con un problema di sede, tanto che potrebbe venire trasferirta in Brianza.
«Nessun segnale di ripresa – commenta Mirco Rota, segretario generale della Fiom Cgil Lombardia – i dati dimostrano la difficoltà dell’industria lombarda, priva ancora di un progetto di intervento sui settori in difficoltà. Sbagliato accontentarci solo di qualche ammortizzatore sociale per accompagnare i licenziamenti e di qualche altro aiuto sporadico. Senza un progetto non si recuperano i posti di lavoro persi e la ripresa rimane solo nelle parole».