L’Ucraina vista da Monza di Natalya: «Vorrei essere a Kiev a difendere la città»

Natalya ha 25 anni e da tempo vive a Monza, da dove assiste all’invasione del suo Paese, l’Ucraina e parla con famigliari e parenti. «Ho ricevuto addestramento militare, vorrei essere a Kiev a difende la città».
Nathalia in una foto di giugno 2019
Nathalia in una foto di giugno 2019 Fabrizio Radaelli

«Passo la mia giornata davanti alla televisione e con il cellulare in mano per essere sempre aggiornata». Queste le parole di Natalya, giovane 25enne ucraina che da alcuni anni vive a Monza con la famiglia Altamura, che l’ha ospitata da bambina grazie all’onlus Ti do una mano.

«La mia mamma, i miei fratelli vivono nella regione di Chernigov, vicino al confine con la Bielorussia, da giorni vedevano i carri armati in lontananza- racconta Natalya- e quando giovedì mattina mi hanno scritto che avevano sentito i bombardamenti sono rimasta frastornata. Stranamente mio fratello minore non ha ancora ricevuto la cartolina per arruolarsi, ma penso arriverà. Loro mi dicono di stare bene, di non preoccuparmi che si nascondono in cantina, avevano un po’ di scorte e, per fortuna un vicino ha portato loro delle provviste. La mamma mi ha detto di aver trovato dei segnali verdi a terra, non so cosa significano, ha cercato di coprirli».

C’è molta emozione e tensione nella voce di questa ragazza che, mai, nella vita avrebbe potuto immaginare lo scoppio della guerra nella sua nazionale. «Se mi avessero detto che nel 2022 avrei assistito alla guerra nel mio Paese non ci avrei mai creduto – continua-. Se potessi partirei subito per aiutare la mia gente, ho fatto un addestramento militare, sono pronta, come ho detto alla mamma sarei a Kiev a difendere la città. Provo un vortice di emozioni tra cui la rabbia, l’impotenza, non rispetto chi sta scappando perché sono una patriota, non abbandonerei mai il mio paese, se fossi lì».

Anche gli amici che vivono a Kiev le scrivono, non parole rassicuranti, la tensione è palpabile, gli stessi cugini sono già stati richiamati al fronte e il nonno, forse anche per lo spavento, ha avuto un ictus proprio giovedì mattina.

«Qui non immaginiamo cosa significa ascoltare lo schianto di un missile – conclude – è impensabile capire quello che il mio popolo sta vivendo ora. Vorrei poter essere d’aiuto, lì con loro a difenderli, almeno mi sentirei utile. Invece sono qui, attaccata al notiziario e al cellulare, sino a quando potranno usarlo, con l’incertezza e la paura di non sapere davvero come stanno i miei familiari, mi fido delle loro rassicurazioni ma, ripeto forse per il mio forte spirito patriotico, vorrei essere sul campo, dovrei difendere tutti, non lasciare che arruolino gli anziani o le donne, tutte quelle persone inesperte a cui, solo in questi ultimi mesi hanno insegnato ad usare un fucile, non è giusto».