Lo storico panificio Pozzi di via Sant’Antonio a Lissone ha abbassato le serrande la scorsa settimana. La panetteria aveva aperto i battenti ai primi del ‘900 con il nonno Giuseppe, testimone raccolto poi da Luigi, che ha passato la “spadina” (la pala che si usa per infilare il pane nel forno) a Marco e in ultimi i figli Daniele e Giulia.
«Sono in pensione e i miei figli hanno continuato il lavoro- racconta Marco- anche se ero e sono sempre qui a dare una mano. Giulia e Daniele però avevano un sogno, dar vita a una pizzeria e, due anni fa questo è diventato realtà», Con un locale in via Padre Reginaldo Giuliani sempre a Lissone.
«Un grosso sacrificio perché si alternavano tra il locale e il forno, ora la pizzeria è cresciuta ed è in continua evoluzione e hanno scelto di proseguire questa strada. Per questo abbiamo deciso di chiudere la panetteria».
Con molto dispiacere il forno ha smesso di funzionare, anche se il profumo di farina aleggia nel laboratorio, dove ancora c’è, testimone di un’epoca, lo storico forno che i nonni usavano. Intere generazioni di lissonesi hanno acquistato il pane da Pozzi, per molti un’istituzione tanto che lunedì scorso non sono mancati abbracci e qualche lacrima.
«Ricordo che a 5 anni giocavo nel laboratorio di papà Gino con la farina – continua Marco – sono cresciuto tra queste mura. Da bambino, in estate, caricavo il pane sulla cesta della bicicletta e andavo a fare le consegne a domicilio. Quante persone che ho conosciuto, che mi hanno visto crescere e continuare il lavoro di papà. Tra i nostri dipendenti ricordo Renzo Villa, che oggi ha 81 anni e che ancora lavora il pane, mi portava all’asilo nella cesta per il pane della bicicletta. Che avventure».
Il panificatore è un lavoro di sacrificio e passione dove però è necessaria anche la creatività, occorre sapersi reinventare e saper inventare qualcosa di nuovo. Usare farine diverse, proporre tipologie di pani differenti.
«Daniele, negli ultimi tempi è andato alla ricerca di farine artigianali – continua Marco Pozzi – in mulini specializzati, abbiamo riproposto anche il pane giallo ma i giovani non sanno cosa sia. Ormai i supermercati e centri commerciali hanno preso il posto del piccolo negoziante. È la dura realtà».
Avere poi il laboratorio sotto casa, in questa situazione non è semplice, un po’ di rimpianto in questi primi giorni di chiusura c’è. «Sono in pensione oramai, il laboratorio lo gestiva Daniele – conclude Marco – la mia sveglia non suona più all’alba da qualche tempo, però alle 5 sono sveglio. Non starò certo fermo, continuerò a aiutare i ragazzi con la loro pizzeria e la panetteria chissà forse un giorno riapriremo la saracinesca con qualche novità».