L’eredità di Martini e i suoi legami con la Brianza a tre anni dalla scomparsa

Il cardinale gesuita, morto il 31 agosto 2012, e le tappe che lo portarono molte volte a Monza e nel resto della Brianza. I legami con i sacerdoti, la visita ai detenuti del 1996 e i “suoi” beati. Lunedì in Duomo a Milano la messa di suffragio con il suo successore Angelo Scola.
Il cardinal Carlo Maria Martini in Duomo durante una delle sue visite a Monza
Il cardinal Carlo Maria Martini in Duomo durante una delle sue visite a Monza

Un’eredità forte, anche nel silenzioso ricordo, che continua la missione-lezione del suo magistero, mai stanco di cercare in quel campo così multiforme che è il mondo. A tre anni di distanza dalla scomparsa del cardinal Carlo Maria Martini i segni del suo episcopato nella chiesa ambrosiana sono tracciati ancora nettamente. Segni che in Brianza sono solchi, nei ricordi dei legami con l’arcivescovo gesuita. Tante le sue visite pastorali, le occasioni di incontro e dialogo con Monza e la Brianza tutta, ancor di più le persone che conservano di lui un ricordo privato.

Ma se si parla dei capisaldi del suo magistero non si può non ricordare, prima tra tutte, quella visita nel carcere monzese. Era il 10 dicembre 1996. Un’intera mattinata trascorsa a incontrare i detenuti e dialogare con loro. Persino con quelli della sezione di alta sicurezza, che pur non poterono prendere parte all’incontro ufficiale. Le sue parole di allora in risposta alle domande dei detenuti, segnate dal dolore e dalla ricerca di un contatto oltre le sbarre, sono ancora oggi vive.

«Anche una società dove regna il peccato può cominciare a vincere il peccato, così da diventare più umana e più attenta alla riabilitazione della persona. (…) La giustizia umana é sempre imperfetta. Anch’io sperimento il limite della società e delle sue leggi». «La fede in Dio non dipende però dalla società ma è qualcosa d’altro, é la fede. Qualcuno che è al di sopra della società. Proprio perché in questo mondo non ci sarà mai la giustizia vera, c’è Uno che è al di sopra è al di là di tutte le cose: Dio». E ancora: «L’azione della Chiesa tende a portare nella società il senso della riconciliazione, la forza della comprensione e dell’umanità attraverso la parola evangelica. Pur non avendo un potere civile e giudiziario, può agire con un potere morale e spirituale e operare nella linea dell’umanità. (…)».

«A volte nella disperazione pensiamo che anche Dio sia nostro nemico. Ma quando ci accorgiamo che Dio ci ha già perdonato e ci è amico, allora vi guardiamo intorno e vediamo che ci sono anche degli amici intorno a noi. Anche in carcere».

Parole di speranza, accoglienza. Sempre, perché anche «chi sbaglia resta uomo». Atteggiamento che guidò Martini nella Milano del terrorismo e della corruzione politica, nel contesto di una collettività sempre più indifferente ai problemi del prossimo e alle nuove povertà. Fondamentale il suo ruolo nel dialogo con chi sbagliò. E in seguito lo ammise, ritrovandosi. Anche in questo caso un monzese: Ernesto Balducchi, cresciuto all’oratorio di San Gerardo. Balducchi militerà poi nella lotta armata. Ed è lui a insistere per consegnare le armi dei Co.co.ri.(comitati comunisti rivoluzionari) in arcivescovado, nel giugno 1984: armi a Martini, per mostrare di voler cambiare. E lui oggi ammette: «Senza il cardinale, il mio percorso riabilitativo sarebbe stato più lungo e difficile».

E poi ancora la domenica delle Palme 1982, con una tappa a Monza e una particolare condivisione con i ragazzi disabili. Martini incontrò il gruppo Sacro Cuore nel cortile del “Dehon” e andò in processione in Duomo spingendo la sedia a rotelle di una ragazza del gruppo. Anche nella malattia il legame con la Brianza si fece sentire. Marisa Boati, coordinatrice del gruppo monzese dell’associazione Parkinsoniani, andò in visita a Martini un anno prima della scomparsa all’Aloisianum di Gallarate.

Forte poi il legame personale con tanti brianzoli. Primo tra tutti don Luigi Serenthà, sacerdote monzese. Fu tra i più stretti collaboratori di Martini, che lo nominò rettore maggiore del seminario di Milano. Il legame tra Martini e la Brianza passa anche da un altro seminario, quello di Seveso. L’arcivescovo, negli anni 90, ne volle la ristrutturazione e nel 1998 presenziò alla riapertura. Vivo anche il rapporto con l’abbazia benedettina di Seregno.

Impossibile non ricordare il suo ruolo nel cammino di tanti religiosi brianzoli divenuti beati , le omelie e visite parrocchiali per celebrarli, tra proclamati nel suo episcopato e processi da lui introdotti. Padre Luigi Monti da Bovisio Masciago, fondatore dei figli dell’Immacolata concezione, beato nel 2003; monsignor Luigi Talamoni, monzese fondatore delle Misericordine, beatificato nel 2004, dopo che fu approvato il miracolo per il quale Martini aveva insediato la commissione; padre Clemente Vismara, missionario Pime di Agrate. Tra quelli ancora in itinere madre Matilde Bucchi, fondatrice delle Preziosine, di Agrate e la venerabile madre Fernanda Riva, canossiana missionaria, nata a Monza nel 1920. «Nei santi c’è una misteriosa, perenne attualità» diceva il cardinale gesuita. La stessa attualità perenne del suo magistero, non solo ambrosiano.

Lunedì 31 agosto, in Duomo alle 17.30, l’Arcivescovo Angelo Scola presiederà la celebrazione eucaristica di suffragio nel terzo anniversario della morte del cardinale Martini. Come già negli anni precedenti, al termine della Messa una breve processione si recherà presso la tomba di Martini, sempre in Cattedrale, per la preghiera che concluderà il momento liturgico di ricordo.