«La parola Dad come tutti gli acronimi è pericolosa. Se Dad vuol dire l’esperienza dell’anno scorso in completa sostituzione della scuola in presenza, quella no, non la facciamo più. La scuola è in presenza e tutti noi dobbiamo remare in questa direzione. A settembre stiamo lavorando per essere in presenza». Lo ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi rispondendo alle domande degli studenti nella giornata di apertura di Rep 2021. «Questo – ha detto Bianchi – non è un problema solo del governo. Bisogna responsabilizzare tutti. Non si dica il governo faccia, il governo dica: tutti facciamo, tutti diciamo».
La pandemia non va dimenticata. «Non è ancora finita. C’è anche questa responsabilità. Il Cts non è Voldemort, e io non sono Harry Potter», ma la volontà è quella di riaprire le aule agli studenti.
Alcuni dati. Uno studente delle superiori su quattro ha trovato più agevole interagire con i docenti in Dad che in presenza, il resto degli studenti ritiene che comunicazioni e interazioni siano peggiorate. La maggior parte degli studenti denuncia un maggiore senso di affaticamento (65%) dopo una giornata di scuola in Dad e una maggiore difficoltà a mantenere l’attenzione (73%). Gli studenti dichiarano di avere affrontato verifiche e interrogazioni in Dad con minore ansia rispetto a quelle in presenza e con un rendimento migliore, ma ciò forse dipende anche dal fatto che in Dad farsi suggerire o copiare è relativamente più facile, come riporta il 70% di loro. Sono queste alcune delle evidenze del rapporto «La Dad alle scuole superiori nell’anno scolastico 2020-21: una fotografia» realizzata dalla Fondazione Agnelli insieme al Centro Studi Crenos e al Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Cagliari.
«La ricerca ci dice, fra le tante informazioni, che nella pratica quotidiana della Dad non c’è stato alcun significativo cambiamento metodologico e organizzativo rispetto a prima della pandemia – commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli -. Quasi tutte le scuole superiori italiane hanno riproposto online e in sincrono la tradizionale didattica basata su lezione frontale, compiti a casa e verifiche, senza un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti, che tenesse conto della differenza di fare scuola in classe o a distanza. E senza un vero sforzo di sperimentare strategie per valorizzare di più autonomia e protagonismo dei ragazzi. Ciò forse può in parte spiegare perché gli studenti rivelino la loro fatica a seguire le lezioni in Dad, a tenere alte motivazione e attenzione, a interagire positivamente con professori e compagni, difficoltà tipiche dell’apprendimento da remoto».