Il nucleare in Italia? Smantellato quasi per la metà. Sogin: entro marzo le aree idonee a ospitare il Deposito nazionale rifiuti radioattivi

Sempre più vicina la scelta finale del deposito nazionale rifiuti radioattivi. Entro fine marzo, Sogin trasmetterà al Ministero della Transizione Ecologica la Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). Intanto, in Italia, il 45% delle vecchie centrali nucleari saranno smantellate entro la fine dell’anno.
La demolizione della centrale nucleare di Caorso
La demolizione della centrale nucleare di Caorso

Il nucleare in Italia? Smantellato quasi per la metà entro la fine dell’anno. Sogin, la società di Stato che ha in mano lo smantellamento del nucleare italiano, ha chiuso il 2021 con una previsione di avanzamento fisico delle attività di decommissioning degli impianti nucleari, grazie a un lavoro di efficientamento dei processi e delle azioni di risanamento intraprese, pari al 7,2%, ben oltre l’obiettivo di budget fissato inizialmente al 6,6%. Si tratta di un valore che, unito all’obiettivo di oltre il 10% per il 2022, porterà il cumulato del biennio ad oltre il 17%, una percentuale altissima se paragonata al 28,3% complessivo degli anni precedenti (1999-2020). Alla fine di quest’anno l’avanzamento fisico globale raggiungerà oltre il 45%, con un’accelerazione frutto di un profondo lavoro di efficientamento delle procedure e degli interventi. Nonostante la pandemia e il fisiologico rallentamento nella prima parte del 2020, non a caso, anche il numero delle giornate lavorate dalle ditte esterne sui siti è stato, soprattutto nel 2021, sempre superiore al 2019, ultimo anno ante-Covid. Inoltre, nel 2021 Sogin ha perfezionato ben 578 contratti per un valore di quasi 177 milioni di euro.

In Italia sono state costruite quattro centrali nucleari: una a Trino, nella zona di Vercelli, una a Caorso in provincia di Piacenza, una a Latina e una nel comune di Sessa Aurunca (Caserta), sul fiume Garigliano. Tutte e quattro al momento sono in fase di decommissioning, ovvero di dismissione. La scelta di bloccare lo sviluppo dell’energia nucleare è del 1987, anche se risale almeno a un anno prima, nel 1986, all’epoca del disastro di Chernobyl. Il rinnovato spirito ambientalista aveva ripreso vigore. Il 10 maggio di quell’anno si tenne a Roma una gigantesca manifestazione popolare anti nucleare, con Legambiente in prima fila, a cui parteciparono più di 200mila persone. L’anno successivo l’energia fornita dall’atomo andò definitivamente in soffitta con la vittoria del fronte ambientalista nei referendum abrogativi.

Secondo il report fornito da Sogin, prosegue l’attività di decommissioning più complessa, ossia quella che riguarda lo smantellamento del nocciolo del reattore della centrale nucleare del Garigliano, mentre il 31 dicembre scorso Sogin ha completato la fase 1 del “Piano globale di disattivazione” dell’impianto di Bosco Marengo, il primo impianto nucleare italiano nel quale la società ha terminato le attività di decommissioning. Nell’Impianto Plutonio (IPU) del sito di Casaccia, Sogin ha portato invece a termine alla fine del 2021 lo smantellamento delle 56 scatole a guanti (SaG) che durante l’esercizio erano impiegate per attività di ricerca sulla produzione di elementi di combustibile nucleare a base di plutonio.

Intanto, il 14 gennaio scorso è terminato il dibattito pubblico sul progetto del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e parco tecnologico. La consultazione, avviata il 5 gennaio 2021 con la pubblicazione da parte di Sogin della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (CNAPI) ad ospitare questa infrastruttura, ha rappresentato una grande operazione di coinvolgimento dal basso degli stakeholder della società civile (istituzioni, associazioni, comitati, imprese, professionisti e cittadini), raccogliendo oltre 600 tra domande, osservazioni e proposte da 322 soggetti.

Attualmente Sogin, sulla base degli esiti della consultazione pubblica, compreso il seminario nazionale svolto dal 7 settembre al 15 dicembre scorso, sta predisponendo la proposta di Carta nazionale aree idonee (CNAI), che sarà trasmessa al ministero della Transizione ecologica (MiTE) entro fine mese. Dopo la pubblicazione, Regioni ed enti locali potranno esprimere le proprie manifestazioni d’interesse, non vincolanti, ad approfondire ulteriormente l’argomento e proseguire il percorso partecipato di localizzazione del Deposito. Le aree potenzialmente idonee individuate finora sono 67, distribuite in alcuni cluster. Al nord ce n’è solo uno in Piemonte, al centro due entrambi nel viterbese e altri due tra Grosseto e Siena. Al sud altri cluster individuati tra Puglia e Basilicata. Molti i siti potenzialmente idonei in Sardegna (ben 14) e Sicilia. Il Deposito nazionale rifiuti radioattivi occuperà un’area di 78mila m3 e ospiterà tutte le scorie nucleari e altri tipi di rifiuti di origine medico-ospedaliera e usati dalla ricerca. Si tratta principalmente di rifiuti a bassa e media attività (non pericolosi dopo 300 anni), già condizionati.