Il termine è stato adottato anche dal marketing per descrivere quel misto di stupore, emozione e coinvolgimento che riesce a colpire talmente in profondità da lasciare un segno luminoso negli occhi e nel cuore di chi guarda. Wow, appunto: la parola onomatopeica passata nel linguaggio comune dai fumetti.
Ecco, è proprio quello che è capitato (e tutt’ora capita, perché al bello non ci si abitua quasi mai) a chi, girato l’angolo di via Italia e imboccata la piccola via Paolo Rossi, si è trovato di fronte alla maestosità di un duomo come mai nessuno aveva visto prima. Incapaci di elaborare parole sufficientemente efficaci, i più si sono limitati a un sonoro e liberatorio: “wow”.
A rendere ancora più teatrale e solenne lo svelamento definitivo della basilica è stato anche il lockdown, che ha tenuto lontano i monzesi e gli amanti delle camminate in centro per oltre due mesi, amplificando ancora di più l’incredibile stupore del primo incontro.
Per arrivare alla facciata di oggi, uno degli scatti più postati sui social, meta di tanti turisti a caccia di selfie artistici, bisogna tornare indietro di sette anni, a quel 2013 quando i primi frammenti si staccarono dalla struttura precipitando al suolo. Fu il primo drammatico grido di allarme di un monumento che cominciava a cedere sotto il peso del tempo. Iniziò allora la corsa per salvare quello che è il simbolo stesso della Brianza, una delle chiese gotiche più famose di Lombardia. In pochi mesi la facciata divenne un laboratorio a cielo aperto. Quasi l’intero primo anno dopo l’allestimento delle impalcature fu dedicato allo studio scientifico e accurato dei danni presenti e delle possibili cure: dalle croste che si erano formate nel tempo ai resti del vecchio intervento di dissuasione per i piccioni che aveva utilizzato resina bituminosa che è stata tolta pezzo dopo pezzo, fino a quelli che i tecnici hanno definito “attacchi biologici”.
Con mezzi all’avanguardia e passione tutta artigianale il team di restauratori della ditta Estia ha rivestito di nuovo la “vecchia” facciata, regalando ai monzesi un salto indietro di oltre cento anni, a quegli inizi del Ventesimo secolo quando il restauro di Luca Beltrami, anno 1892, consegnò ai cittadini la basilica sognata da Teodolinda.