Il dato incontrovertibile è che in questi ultimi vent’anni si è assistito all’aumentare esponenziale delle concessioni governative in deroga al divieto del gioco d’azzardo, con relativi introiti nelle casse statali spesso agganciati a pezzi importanti di spesa pubblica, e con il proliferare delle tipologie e delle modalità di gioco.
Di una ‘lobby silenziosa’ all’interno del Parlamento parla Emanuela Baio, che per tre legislature consecutive, fino allo scorso febbraio, è stata senatrice e delle dipendenze da gioco si è occupata espressamente sia in commissione Finanze e con maggiore continuità ancora all’interno della commissione Sanità.
“Esiste in Parlamento una lobby silenziosa, non so se si tratta di dipendenti dal gioco o di persone legate in qualche modo agli interessi dell’imprenditoria del gioco –ha detto Baio, soffermandosi a tutto campo proprio sul tema dell’azzardo, della patologia e dei risvolti politici- Quel che è certo è che, in Senato, ho potuto constatare più volte che esiste trasversalmente la presenza di molti colleghi che silenziosamente non vogliono modificare la regolamentazione sul gioco. Se si tratta di introdurre nuovi giochi, invece, non obiettano nulla”.
L’onorevole ricorda ancora come nell’ultimo decennio si siano alternati governi di natura diversa ma come tutti abbiano incrementato il numero e le possibilità di gioco.
“In commissione Finanze, nel corso del confronto sui provvedimenti economici, cercavo sempre di proporre emendamenti per non consentire l’introduzione di nuovi giochi o per alzare la tassazione sul gioco d’azzardo legalizzato. Ma inutilmente. Si pensi che ben quattro miliardi di euro, la metà dell’introito annuale allo Stato proveniente dal gioco, deriva dal gioco on line e ha un’imposizione fiscale molto bassa. La media è del 12 percento, laddove quando compriamo beni di prima necessità ci paghiamo sopra il 21 percento di Iva. È illogico ed è un messaggio molto negativo che lo Stato dà ai cittadini perché finisce con rendere più appetibile proprio il gioco d’azzardo”.
Guardando invece forse all’unico elemento positivo, Baio ricorda “il recente riconoscimento anche in Italia della dipendenza da gioco, quale patologia, in accordo con la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, grazie al decreto Balduzzi” ha aggiunto Baio.
Fino ad allora il riconoscimento e la cura delle ludopatie erano lasciati al libero arbitrio organizzativo delle Asl, mentre oggi la dipendenza comportamentale, qual è la dipendenza da gioco, è affidata in modo esplicito alla rete dei Sert e legata alle strutture del territorio, dai gruppi anonimi alle comunità specifiche. Ultimo ma non ultimo, il nodo della legalità del settore.
I gestori e gli imprenditori del ramo afferiscono come categoria in Confindustria o in Confcommercio.
“A questi imprenditori in passato e in più occasioni ho chiesto piena collaborazione, ed è un auspicio delle istituzioni che questa collaborazione possa essere efficace –ha concluso Baio- Se tenessero davvero alla legalità, si potrebbe aprire un nuovo capitolo”.