Sono più di 1.500, forse 2.000 gli studenti scesi in piazza Trento e Trieste a Monza la mattina del 15 marzo a manifestare per il movimento Fridays For Future. «Non sono qua per bidonare la scuola. Sono qui per un determinato motivo – afferma Arianna Verduci, 19 anni, del liceo Nanni Valentini di Monza – Stiamo bruciando il mondo, e così facendo distruggeremo anche noi stessi». È proprio questa la ragione per cui numerosi ragazzi hanno aderito alla manifestazione.
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«Io voglio che i miei figli crescano in un mondo migliore, dedicandosi a pieno all’ambiente e ai fatti internazionali, che nonostante ci sembrino più grandi di noi, in realtà ci appartengono» dice Gabriele Toselli, 18 anni, dell’istituto Einstein di Vimercate. Non basta pubblicare un messaggio sui social per attirare l’attenzione, bisogna mettersi in gioco al 100%». E si deve partire dalle piccole azioni domestiche, come ha spiegato Nadia Ferrazzi, 18 anni, nel suo intervento durante la protesta. Anche il piccolo fa la differenza: si potrebbe iniziare diminuendo il consumo di carne e cibi importati, riciclando, facendo maggiore attenzione alla raccolta differenziata, limitando gli sprechi d’acqua e magari anche smettendo di fumare, dato che, anche se molti lo ignorano, cinque sigarette inquinano più di una locomotiva a gasolio.
«C’è tanta, troppa disinformazione»: queste le parole ripetute più volte da Clara (17 anni) del liceo Carlo Porta. «Chi si rende conto di quanti litri d’acqua servono per cucinare un semplice pezzo di carne? Chi è a conoscenza della presenza di tre isole di plastica negli oceani? Chi sa che i caloriferi sono la fonte maggiore di Co2?». È arrivato il momento di prendere seriamente in considerazione i problemi del clima, insiste. «Non abbiamo polmoni di riserva», afferma la stessa Clara indossando una mascherina.
L’intervento che ha suscitato maggior interesse è stato quello di Giulia, una ragazza che frequenta il liceo musicale Zucchi, che ha parlato della fashion industry e dei problemi ad essa collegati, invitando i presenti a preferire i negozi di seconda mano e i mercatini dell’usato, in vista di una diminuzione dell’inquinamento provocato dai tessuti sintetici utilizzati dai marchi occidentali, dove anche lo sfruttamento è un problema rilevante. «Non darò più un centesimo a quei negozi» ha promesso la sedicenne Cecilia, un’altra studentessa del liceo Zucchi, dopo l’intervento.
(con la collaborazione di Gaia Delmonte e Chiara Cereda – IV linguistico Mosè Bianchi, Monza)