Il gioco senza limiti e senza regole non abita qui. Perché le tabaccherie italiane non sono un negozio «normale». E chi le gestisce non è un’astratta società giuridica, ma una persona che spesso conosce bene la propria clientela.
Anche e soprattutto nella nostra provincia. Differenze che Silvio Gandolfi, presidente territoriale Monza e Brianza della Federazione italiana tabaccai, tende a sottolineare per evitare negative confusioni su un tema sempre «caldo» e attuale come quello del gioco. Le slot machine, del resto, sono presenti in buona parte delle 504 tabaccherie brianzole.
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Solo a Monza le tabaccherie sono 66. «Va specificato – commenta Gandolfi – come i tabaccai siano concessionari dello Stato. E come lo Stato abbia fissato delle rigide normative per lo svolgimento della nostra attività. Per quanto riguarda il gioco, la materia è regolamentata anche da una legge regionale. Bisogna seguire un corso formativo tenuto da medici dell’Asl. In pratica, chi gestisce una tabaccheria deve saper riconoscere il giocatore compulsivo e invitarlo a limitare il numero di giocate. E comunque, nelle 53mila tabaccherie italiane, di slot machine non se ne installano più. Anzi, c’è il fenomeno opposto».
«Inoltre – aggiunge Gandolfi – il tabaccaio è una figura professionale. Per esercitare questa attività c’è l’obbligo di un’idoneità da ottenere, dopo aver seguito un corso, sostenendo un esame tenuto da funzionari del Monopolio di Stato. Il tabaccaio ha una responsabilità sociale in funzione del prodotto che vende. Per esempio, c’è il divieto di vendita di sigarette ai minori. Il nostro non è un ruolo passivo. Anche per questo ci dispiace che la nostra categoria non venga coinvolta sull’argomento per individuare le soluzioni migliori».
Sulla questione interviene anche Barbara Fedeli, presidente della delegazione Lombardia e vice presidente nazionale dell’associazione nazionale Sapar (Servizi pubbliche attrazioni ricreative) che riunisce oltre 1.700 aziende di gestione, produzione e costruzione di apparecchi da intrattenimento.
«Se il gioco fa male – commenta Barbara Fedeli -, se dobbiamo tutelare i giocatori potenzialmente patologici, allora è necessaria una riforma equilibrata di tutto il settore, che non colpisca in maniera strumentale il solo settore delle slot o AWP, ma che riparta da un ragionamento che tuteli anche le aziende e l’occupazione, che si basi su un approccio culturale del gioco, per salvaguardare giocatori, gestori ed esercenti».