Le parole semplici e commoventi degli studenti più giovani, i loro canti, i discorsi delle autorità e la commozione di chi in famiglia ha vissuto il dramma della Shoah. Tutto questo ha accompagnato stamattina la posa delle prime pietre di inciampo volute dal Comitato provinciale per le pietre di inciampo Monza Brianza in via Prina, 19 davanti a quella che fu la casa dei coniugi Alessandro Colombo e Ilda Zamorani deportati ad Auschwitz e mai più tornati. Alla cerimonia hanno assistito anche i sei nipoti dei due sposi “colpevoli” solo di essere di religione ebraica, denunciati da un conoscente e condotti, prima di salire sul treno del non ritorno, nel carcere milanese di san Vittore. E in questo luogo, come ha ricordato Annalisa Bemporad, ex assessore alla cultura del comune di Monza, imparentata con la famiglia Colombo, una signora monzese, Franca Testa, non fece mancare il suo conforto ai due coniugi a costo di subire lei stessa maltrattamenti e ingiurie da parte delle guardie.
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VIDEO La storia della famiglia Colombo (gennaio 2014)
«Franca è morta qualche anno fa – ha sottolineato Bemporad – ma ha rappresentato la luce in quel periodo di tenebre». Toccante la lettera scritta in ricordo dei suoi nonni da una nipote di Alessandro e Ilda, letta da Cristina Crippa.
«I nonni erano la sicurezza e l’appoggio per i miei genitori – scriveva la nipote ancora giovanissima – Nonna suonava il pianoforte e spesso mi portava al mercato. Conosceva tante persone e lungo la strada ci fermavamo sempre a parlare con qualcuno. Quando la situazione si fece difficile consigliarono a mamma e papà di nascondersi. Loro vollero restare perché, dicevano, tanto siamo anziani».
Ma purtroppo non fu così. Anche per i coniugi Colombo venne il momento di cercare un’altra casa ma nonno Alessandro volle un giorno tornare nella sua abitazione monzese a prendere le foto dei suoi nipoti. Quell’atto d’amore gli costò la vita. A ricordarli ora ci sono le pietre collocate alla presenza dell’artista tedesco Gunter Demnig, autore del più grande monumento diffuso d’Europa per ricordare le vittime della Shoah e della deportazione.
«I coniugi Colombo che non ebbero nemmeno un funerale è come se fossero tornati idealmente a casa» ha sottolineato il sindaco di Monza Dario Allevi. Il presidente della Provincia Luca Santambrogio rifacendosi anche a un passo del Talmud ha evidenziato che le pietre di inciampo «sono un modo per portare il ricordo nella quotidianità legandolo a un nome e a un luogo».
Presente anche il Prefetto Patrizia Palmisani che rivolgendosi ai giovani ha ricordato l’importanza della trasmissione dei valori, “valori da difendere perché non sono così scontati”. «Prima di essere persone preparate e competenti in un determinato settore – ha concluso -serve essere dei buoni cittadini. Se ciò non avviene significa che istituzioni e agenzie educative hanno fallito». Fino al 1 febbraio sono in programma cerimonie analoghe per la posa di altre diciannove pietre di inciampo in sedici comuni della provincia.
«Sono pietre d’amore» ha detto una ragazza della Da Vinci sintetizzando perfettamente la storia di Colombo e Zamorani.
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