Il primo in Brianza a dirsi contrario nei giorni scorsi era stato il sindaco di Mezzago Giorgio Monti, sull’onda della “disobbedienza civile” lanciata dai sindaci di Palermo e Napoli nei confronti del decreto sicurezza firmato dal ministro dell’Interno Salvini. Voci critiche si sono poi levate anche da Seregno, Lissone, Sovico, Macherio. Tutti auspicano un tavolo di confronto al governo con l’Associazione nazionale dei Comuni.
Contrari. Alberto Rossi, sindaco di Seregno, ha evidenziato due problemi. «Condivido le dichiarazioni di diversi colleghi, che hanno evidenziato gli elementi di criticità. Ne sottolineo due, perché prima di giudicare bisogna capire. Il primo è l’eliminazione degli Sprar, che ha già costretto centinaia di stranieri presenti regolarmente sul territorio, tra cui numerosi bambini, ad abbandonare alloggi e percorsi di integrazione e a vivere per strada, scardinando il sistema dell’accoglienza, con preoccupanti conseguenze sulla vita di moltissime persone. Avere ora centinaia e presto migliaia di stranieri per strada crea di fatto elementi non per una maggiore sicurezza, bensì l’esatto opposto. Dati Ispi mostrano come entro il 2020 ci saranno 140mila irregolari in più in Italia, di cui la metà a causa della fine della protezione umanitaria. Un problema con forti ricadute locali, ma che i sindaci non potranno affrontare. E questo mi preoccupa».
Il ragionamento prosegue: «Il decreto stabilisce poi il divieto di iscrizione all’anagrafe per i titolari di permesso di soggiorno per richiesta d’asilo, concesso agli stranieri in attesa di sapere se la richiesta di protezione internazionale sarà accolta: si colpiscono anche qui i regolari, che rimangono privi di carta d’identità e di residenza, senza alcun vantaggio. Si rende perciò sempre più difficoltosa l’integrazione e minore integrazione significa minore sicurezza».
«Auspico una revisione della legge. Come sindaco devo obbedire a una legge dello Stato, ma anche lavorare per la coesione sociale evitando che le persone marginali diventino oggetto di percorsi di illegalità ancora più grossi, e come istituzione devo garantire il rispetto e la sicurezza dei diritti per tutti. Sono questi i tre pilastri sui quali dobbiamo muoverci e non possiamo sposarne solo uno dimenticandoci degli altri» spiega il sindaco di Lissone, Concetta Monguzzi. Si allinea alla posizione espressa dal sindaco di Milano, Beppe Sala e dall’Anci: «Il decreto sicurezza introduce norme che sono abbastanza discriminatorie in quanto, ad esempio, si allungano i tempi di attesa per ottenere la cittadinanza italiana, istituisce centri rimpatrio dentro i quali finiscono persone che hanno già portato avanti un percorso di integrazione in attesa del riconoscimento, e rischiano di diventare irregolari persone che lavorano e quindi rischiano dal punto di vista legale di non essere a posto; viene negato il permesso umanitario. La protezione umanitaria è riconosciuta a una grande percentuale di richiedenti asilo. Sentendo quello sta succedendo ho chiesto venerdì mattina i dati relativi a Lissone».
Lo stato d’animo? «La mia preoccupazione è che venga smantellato un sistema faticosamente messo in piedi dal 2014 e che ha coinvolto tante realtà sul territorio con cui si è portato avanti un processo di coesione sociale. Quindi il rischio grosso è che l’accoglienza messa in piedi venga smantellata, e ci si ritrovi con persone lasciate allo sbando, in giro per la città».
«Obiettivamente, il Decreto sicurezza creerà dei problemi nella gestione dei richiedenti asilo, è certo». A parlare è il primo cittadino di Besana Brianza, Sergio Gianni Cazzaniga: «Come amministratore, posso dire che chi ha lavorato a tale Decreto non ha ragionato da sindaco. Sindaco che si sarebbe trovato addosso tutti i grossi problemi, prettamente di sicurezza, connessi con la nuova legge: si potrà infatti verificare la circostanza per cui una persona che fino al giorno prima era in possesso di tutti i permessi per risiedere in Italia, sarebbe da riaccompagnare al proprio Paese. Si riuscirà davvero a rimpatriare? Quanti ne hanno rimpatriati finora? Se una persona non viene rimpatriata, accade che finché era qui con un titolo, aveva certi diritti ma anche certi doveri; nel momento in cui diventa clandestina la situazione cambia e la tutela della sicurezza è più difficile». Passando dal piano amministrativo a quello politico, «non condivido il Decreto sicurezza e reputo che sia incostituzionale».
In attesa. «Salvini non ha idea di che cosa significhi fare il sindaco e nemmeno il Ministro dell’Interno, visto che lui fa solo selfie con la Nutella: deve avere rispetto per noi sindaci, che lavoriamo tanto tutto il giorno. Ha chiesto ai sindaci disobbedienti di dimettersi. Si dimetta lui, invece», dice il sindaco di Desio Roberto Corti, del Pd. Ma, per il momento, preferisce non seguire il comportamento dei “ribelli” che hanno deciso di non applicare le norme del decreto.
«Ho bisogno di approfondire; per questo ho chiesto al segretario comunale di analizzare obblighi e implicazioni del decreto. Poi, potrò decidere». Corti è comunque certo che il decreto, così com’è, non va bene: «Condivido con i miei colleghi il fatto che questo sia un decreto dell’insicurezza e non della sicurezza. Porta verso la clandestinità persone che oggi sono inserite in un percorso di integrazione. Genera più clandestini e più insicurezza. E poi, la storia dei 500mila rimpatriati è una bufala. Per fare propaganda ci vuole un attimo, gestire una situazione è invece più complesso».
«Al momento non vi è nessuna mia presa di posizione ufficiale sul tema, ma il problema si pone e Anci interviene come è giusto che sia Dal mio punto di vista, leggendo alcuni passaggi della legge, considero il principio prettamente punitivo perché colpisce senza criterio un diritto che sembrerebbe essere mantenuto. Credo che il rischio sia di creare ulteriore disagi, piuttosto che di risolvere i problemi» così il sindaco di Sovico, Alfredo Colombo.
Sulla stessa linea Mariarosa Redaelli, sindaco di Macherio: «Mi auguro che vengano fatti tutti gli accertamenti e gli approfondimenti necessari. Sull’onda di quanto richiesto da molti sindaci nelle ultime ore credo che ci saranno chiarimenti in merito, tenendo conto di quello che gli stessi sindaci hanno evidenziato. Un sindaco si attiene alla legge, il principio – va detto – contiene delle criticità che credo vadano quindi analizzate anche col contributo di Anci. Attendo di conoscere gli approfondimenti».
«Prendiamo atto delle nuove disposizioni del decreto sicurezza in materia di immigrazione e ci atterremo alle prescrizioni – dice infine il primo cittadino di Nova Milanese Fabrizio Pagani – Dobbiamo però precisare che da tempo, la ventina di richiedenti asilo politico dei due centri di ospitalità della città, via Piave e via Val d’Ossola, hanno già avviato un percorso di integrazione tramite corsi di italiano e di formazione grazie a lavori di piccola entità a favore della comunità: verniciature, sfalcio dell’erba, manutenzioni varie. Inoltre da tempo questi ragazzi, senegalesi e africani in gran parte, sono coinvolti nella organizzazione e predisposizione delle feste del paese, negli eventi dell’oratorio per favorirne il coinvolgimento e la conoscenza da parte della cittadinanza. Possibile che con le nuove disposizioni di legge qualcosa possa cambiare ma noi ci atteniamo alle disposizioni ricevute».
A favore. Il sindaco di Monza Dario Allevi aveva già detto no alla ”disobbedienza” e sulla stessa linea seguono Biassono e Vedano.
«Io mi limito ad applicare quanto è stabilito dalle leggi dello Stato. Come sindaco non posso che rispettare ogni regola e ogni legge, credo sia il dovere di ogni amministratore pubblico», ha detto Luciano Casiraghi, primo cittadino di Biassono che non intende applicare alcuna deroga alle norme del Decreto sicurezza. «E non c’entra in alcun modo la mancanza di umanità. A quanti accusano la Lega di non essere accogliente con gli stranieri ricordo che nel 2011, quando io ero vicesindaco e Piero Malegori era borgomastro, siamo stati il primo comune della Brianza ad accogliere un gruppo di profughi libici».
«Le leggi dello Stato vanno applicate: non si può scegliere se seguirle o meno»: anche il sindaco di Vedano al Lambro, Renato Meregalli almeno per ora, non intende aderire all’obiezione lanciata dal suo collega di Palermo Leoluca Orlando.«Se ogni amministratore – afferma – valutasse in modo autonomo come comportarsi diventerebbe complicato: chi non concorda con un provvedimento può percorrere altre strade. Può, ad esempio, avviare una azione per chiedere la sua abrogazione o la modifica».
(* hanno collaborato Paolo Colzani, Elisabetta Pioltelli, Federica Signorini. Paola Farina,Pier Mastantuono, Sarah Valtolina, Monica Bonalumi)