Saad Tarazi ce l’ha fatta, è cittadino italiano. La vicenda personale del giovane palestinese era balzata agli onori delle cronache nel 2012. Saad arriva da Gaza ed è in Italia dal 2004, vive nel Centro Botticelli di Lissone e non riusciva ad ottenere la cittadinanza italiana che avrebbe consentito, oltre che di diventare italiano a tutti gli effetti, anche di lavorare all’estero, pagando però le tasse per lo stato italiano. Nel 2008, ha ottenuto lo status di rifugiato, e nel 2010 ha presentato domanda per ottenere la cittadinanza.
Ma perché questa venga concessa occorre conteggiare cinque anni dalla data di riconoscimento dell’asilo politico, oppure dieci anni dalla data del primo permesso di soggiorno. In pratica, anche se vive in Italia dal 2004, avendo lo status di rifugiato da soli quattro anni, non poteva avere la cittadinanza. Un cavillo burocratico che gli ha impedito di svolgere il lavoro che gli era stato offerto da un’importante azienda orafa svizzera. Saad aveva scritto alla Prefettura di Milano per rivalutare il suo caso, e anche all’ex presidente Giorgio Napolitano. Nulla. Sino a lunedì 2 febbraio.
Quando, raggiunti finalmente i termini di legge, Saad è stato ricevuto dal sindaco di Lissone, Concetta Monguzzi, che gli ha concesso la cittadinanza italiana. Voleva avere la cittadinanza italiana a tutti i costi, non chiedeva nient’altro. Un sogno che si è avverato. E che gli consentirà anche di andare a riabbracciare i suoi parenti che vivono in Australia che da anni, a causa dello status di rifugiato, non può vedere. E senza cittadinanza all’estero Saad non poteva lavorare.
Un grave danno per un laureato in tecniche orafe, come lui, ricercato soprattutto per incarichi fuori dall’Italia.
Qual è stato il primo pensiero una volta avuta la cittadinanza? « È stato un momento bellissimo, molto emozionante quando ho detto “giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato”. Non so come descrivere questo momento, il mio primo pensiero è andato alla mia famiglia e a tutte le persone che sono state vicine a me in questi anni» afferma.
E ora? «Andrò a trovare la mia famiglia in Australia, da 12 anni non vedo nessuno di loro». Lascerà l’Italia? «Per il momento resto in Italia, ho fatto la domanda di lavoro un’altra volta in Svizzera e se mi accentano vado a vivere a Como, se non accettano andrò altrove».