“Dovete scegliere da che parte stare, è fondamentale avere un saldo senso etico, resistere alla tentazione di farsi aiutare da soggetti opachi. Nelle nostre indagini osserviamo un sorprendente fiume di denaro contante provento di droga e reati fiscali che alimenta una economia in nero che fa il male del nostro Paese”.
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L’appello agli imprenditori è di Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano, nel suo intervento durante il convegno organizzato da Assolombarda sulle infiltrazioni mafiose al tempo del Covid 19 e sui pericoli che corrono le imprese in questo contesto. Non per niente a febbraio l’Unità di Informazione finanziaria di Bankitalia aveva evidenziato 2.257 segnalazioni per operazioni sospette, la maggior parte delle quali arrivate nella seconda metà dell’anno scorso con un aumento da 667milioni di euro a oltre 5 miliardi.
Il magistrato ha tracciato un quadro allarmante relativo all’attivismo mafioso in Lombardia, in particolare della ’ndrangheta.
“Un anno fa – ha raccontato – in occasione del lockdown ci chiedevamo quali strategie avrebbe adottato la criminalità organizzata per trarre profitto dalla situazione. Fin da marzo si sono attivati per inserirsi nel settore della sanificazione. Quando osservavamo i camion dell’esercito trasportare i morti di Bergamo si interrogavano su come inserirsi nel settore delle imprese di pompe funebri. Hanno reagito con una prontezza sorprendente”.
La mafia, d’altra parte, ha ormai una strategia consolidata, ha smesso i panni della criminalità sanguinaria per indossare quelli più presentabili di una organizzazione che vuole inserirsi nei più diversi settori economici, non solo edilizia e movimento terra, tradizionali ambiti di azione delle cosche calabresi, ma anche logistica e trasporti, imballaggi, noleggio auto, nel commercio dei metalli ferrosi e in quello delle materie plastiche così come nel comparto delle energie rinnovabili.
“Il primo obiettivo per loro è acquisire il potere – ha spiegato l’ex pm di Monza, ora capo dell’Antimafia milanese – e per fare questo hanno bisogno di acquisire consenso, di essere socialmente accettato. Nelle nostre indagini sempre più spesso troviamo imprenditori che vedono una opportunità nel rapporto con i mafiosi e credono di essere in grado di gestirlo. La realtà è però che la criminalità organizzata, anche nei fenomeni di usura, è interessata a rilevare attività economiche, cedendole a prestanome. In un momento di crisi gravissima di liquidità la criminalità mafiosa si pone come finanziatrice. Una ricerca commissionata dalla Regione Lombardia rileva che secondo il sistema bancario in Lombardia c’è stata un’anomala crescita di nuove imprese, l’idea è quella di creare società scatole vuote che consentano di intercettare i flussi finanziari con fondi a garanzia pubblica per riattivare il sistema economico”.
La mafia, insomma, punta ai soldi che lo Stato ha messo a disposizione delle imprese per sostenere il loro rilancio, quelli erogati attraverso le banche e garantiti dal potere centrale. Rifiuti e sanità sono in questo momento tra i settori più a rischio di infiltrazione, l’importante, comunque, di qualunque comparto si tratti, è sfuggire al l’abbraccio mortale della criminalità organizzata.
L’allarme di Alessandra Dolci è stato condiviso anche dal colonnello Michele Miulli, responsabile del reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri di Milano che ha ricordato anche un altro aspetto importante del problema: “Le risorse del Recovery plan sono sicuramente nelle mire della mafia, cercheranno in tutti i modi di appropriarsene”.
Il capo del centro operativo di Milano della Dia Piergiorgio Samaia ha ricordato l’attività di prevenzione della sua struttura precisando come la Lombardia, al di fuori delle regioni in cui hanno origine le organizzazioni mafiose, sia quella con il maggior numero di interdittive antimafia, di provvedimenti preventivi che riguardano società legate in qualche modo al fenomeno mafioso.
La nostra regione, d’altra parte, come ha ribadito Giorgio De Rita, segretario generale del Censis rappresenta il 17% dell’economia non osservata, che a livello nazionale vale 215 miliardi l’anno con 20 miliardi di economia illegale. In Lombardia quest’ultima cifra ammonta a 4 miliardi di euro.
“Il contrasto all’azione delle mafie deve partire, in primo luogo, dalla costruzione di un credito più accessibile e con tempi di erogazione più vicini alle esigenze delle imprese e di un ambiente normativo e burocratico semplice, trasparente, efficiente ed efficace – commenta Antonio Calabrò vicepresidente di Assolombarda con delega alla Legalità, che ha moderato l’incontro – questo contrasto deve partire dalle associazioni d’impresa. Assolombarda da anni è schierata, in sintonia con le imprese, per vincere la battaglia della legalità, attraverso iniziative di ascolto come lo sportello di consulenza per non far sentire solo chi si trova in difficoltà, e per rafforzare l’appello alle imprese affinchè denuncino ogni forma di criminalità organizzata. È necessario infine rafforzare l’impegno comune tra tutti gli attori sociali ed economici del territorio, società civile, magistratura, imprenditoria e politica: un investimento concreto per il nostro futuro, non soltanto economico ma anche etico e culturale”.