Corrado Passera, 60 anni, comasco, ex ministro del governo Monti, già guida di importanti gruppi italiani, mollato l’ex senatore a vita al suo destino politico ha fondato Italia Unica, movimento con cui correrà alle prossime politiche, ma anche in alcune elezioni amministrative. Gli abbiamo chiesto di spiegare perché la sua offerta politica dovrebbe interessare la Brianza.
Dottor Passera, la Brianza è stata per anni il bacino “naturale” dell’elettorato di centrodestra. Con che ambizioni presenta qui Italia Unica?
«Basta guardarsi attorno. Siamo in uno dei territori più sviluppati del Paese. Qui c’è competenza, capacità imprenditoriale, cultura, amore per la terra. Un pezzo d’Italia che ha bisogno di strutture moderne, servizi efficienti, infrastrutture all’avanguardia, zero burocrazia. Naturale che la parte maggioritaria dei cittadini si sia impadronita del sogno berlusconiano. Oggi quelle speranze sono macerie. Serve una spinta nuova e noi ci siamo per questo. Berlusconi ha tradito gli ideali che aveva seminato. Si è consegnato mani e piedi a Matteo Renzi, convinto di poter recuperare capacità di manovra. Ora strilla di essere stato tradito e, piroettando, si accoda a Salvini che abbraccia tesi lepeniste e populiste. Noi vogliamo proporre un’offerta politica totalmente diversa. Un’offerta riformista ma sul serio, alternativa al movimentismo inconcludente di Renzi e anche ai colpi di coda di un berlusconismo palesemente non più in grado di contendere al Pd il governo del Paese. Conosco la gente e le imprese di questa parte trainante dell’Italia. Il programma di Italia Unica viene da trent’anni di vita da imprenditore e da manager e credo che interpreti bene l’ambizione di far grande l’Italia: si pensi ai 500 miliardi di stimolo all’economia, soprattutto attraverso riduzioni di imposte e di sprechi pubblici. Le riforme che proponiamo – prima di tutto quella della scuola – sono fatte per mettere in contatto il mondo delle imprese e quello della formazione. Così come quella della giustizia, che oggi è il principale disincentivo a investire in Italia. Ma soprattutto la semplificazione delle Istituzioni centrali e territoriali e il taglio alla burocrazia saranno i temi su cui ci intenderemo di più. Ci presenteremo alle politiche, non alle regionali perché crediamo che le Regioni come oggi disegnate vadano superate; e, dove opportuno, ci faremo sentire alle comunali».
Staremo a vedere. In Brianza da tempo si discute sul “destino” dell’area: dove deve guardare, verso Milano? Verso l’estero, forte di un tessuto imprenditoriale che le permetterebbe di fare sistema a sé? O verso altri centri attrattivi italiani (la “sua” Como)?
«L’area di Monza e Brianza è una terra straordinaria che ha saputo reinventarsi tante volte nella storia anche recente: ha prodotto generazioni di imprenditori e oggi può basarsi su un sistema di imprese fortemente orientate all’export e leader in settori che continueranno a crescere. Nessun altro territorio ospita così tante medie e grandi multinazionali che ancora credono nel nostro Paese, anche se il loro mercato è diventato quasi esclusivamente il mondo. È una terra di persone intraprendenti e concrete che prima ancora di aiuti e incentivi vogliono soprattutto essere liberati dai troppi vincoli burocratici e amministrativi. È gente che guarda più al mondo che alle capitali domestiche – Roma o Milano che siano – e in questo senso credo che la Brianza sia più orientata a Como e Lecco e agli altri distretti industriali confinanti che a Milano».
Lei ha più volte criticato la riforma delle province. La situazione qui è molto particolare, perché l’ente è nato (2006-2008) in un momento in cui già la Provincia a livello nazionale veniva messa sotto tiro. Qual è il giusto livello amministrativo: chi deve fare cosa in un territorio così?
«Regioni, Province, Comuni: enti che spesso si sovrappongono con competenze concorrenti, frutto di una legislazione che invece di guardare agli interessi dei cittadini punta all’accrescimento del potere di partiti. Basta pensare alle migliaia di società partecipate – di cui noi chiediamo al potere pubblico di uscire, o di cancellarle – il cui unico scopo in molti casi è di assegnare una poltrona a chi è stato ossequioso al punto giusto con il leader del momento. Il risultato? Uno spreco di risorse, fondi europei compresi, e la mortificazione di competenze e voglia di fare. Occorre un taglio netto, non la finta abolizione delle province che ha solo tolto il voto ai cittadini. Nel nostro programma è prevista l’abolizione delle Regioni e l’adozione di un solo livello amministrativo tra Stato centrale e Comuni. Le città metropolitane e una quarantina di altre grandi province che riassorbano le migliaia e migliaia di altri enti politici e parapolitici intermedi e forniscano i servizi che non possono venire dai singoli comuni. Il resto sono chiacchiere e demagogia».
La grande partita del 2015 si chiama Autodromo. È in corso un delicato iter parlamentare per agevolare fiscalmente la creazione di una proprietà indivisa che agevoli gli investimenti della Regione. Da (ex) imprenditore cosa pensa Passera di un asset così?
«Penso che non ha senso occupare uno spazio così pregiato e unico per una corsa all’anno, peraltro pure a rischio. O l’area dell’autodromo diventa vitale tutto l’anno o bisognerà ripensarla da capo perché non si può, secondo me, sprecare l’enorme potenziale di iniziative di ogni genere delle quali questa stupenda area potrebbe essere motore. Forse un discorso simile andrebbe fatto anche per gli spazi del parco occupati dalla scuola di Agraria. Penso infine che un’impresa e un patrimonio unico come Villa e Parco non possano dare il meglio alla comunità fino a quando saranno amministrate in condominio tra Amministrazioni che hanno obbiettivi e priorità diverse. Verrebbe da dire: si decida di chi è la responsabilità, e quella Amministrazione ne risponda fino in fondo».
Come ha mostrato la recente indagine “Top500” pubblicata dal Cittadino, la Brianza vanta eccellenze ma questo non le impedisce di subire le ferite della crisi. Lei che punto di vista ha sullo scenario economico e sulle politiche del governo?
«Renzi governa da un anno. Si era presentato come un innovatore, ma dopo 12 mesi il bilancio è modestissimo. Promesse su promesse che non diventano mai realtà, miriadi di provvedimenti che allontanano l’obiettivo invece di avvicinarlo, una narrazione – oggi si dice così – dove vince la propaganda e chi avanza dubbi è un nemico. I piani economici prevedono nei prossimi quattro anni 70 miliardi di tasse in più e 50 di spesa corrente in più. Per loro stessa ammissione, le manovre e le riforme che propongono non avranno effetto sulla crescita. L’unica spending review realizzata è stata licenziare Cottarelli. Il nostro programma prevede di tagliare le tasse – per esempio l’Ires viene dimezzata – e di dare veri aiuti alle famiglie – 5.000€ a bambino – a fronte di precise riduzioni di spesa pubblica. Proposte vere, chiare, misurabili: ne abbiamo circa 200. È questa la politica che voglio fare. È questo, a mio avviso, l’antidoto al populismo imperante. Italia Unica punta ad essere l’alternativa vera ai due Matteo. Con lo spirito del sapersi reinventare e del puntare in alto tipico della Brianza».