Caso Bramini a Monza: sfratto anticipato al 18 maggio, nota ufficiale del tribunale

Una ordinanza urgente del giudice fallimentare ha anticipato al 18 maggio lo sfratto dell’imprenditore Sergio Bramini dalla sua casa di Sant’Albino, a Monza. La nota ufficiale del tribunale, nuovo presidio di cittadini.
Monza Sergio Bramini sfratto via Sant’Albino
Monza Sergio Bramini sfratto via Sant’Albino Fabrizio Radaelli

Una ordinanza urgente del giudice fallimentare ha anticipato al 18 maggio lo sfratto dell’imprenditore Sergio Bramini dalla sua casa di Sant’Albino, a Monza: non più l’1 giugno, quindi, come comunicato dal questore la scorsa settimana con una proroga di 45 giorni, ma di nuovo entro i trenta giorni inizialmente comunicati.


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L’imprenditore, che vanta 4 milioni di credito con lo Stato per rimborsi mai ricevuti, dovrà lasciare la villa alle 14 di venerdì 18 maggio. E come già il 16 aprile, nella nuova data è già stato un nuovo presidio di cittadini (erano stati più di 300).

Intanto sulla vicenda dell’imprenditore che si dichiara “fallito per colpa dello stato”, e dell’onda mediatica che ha scatenato, prende posizione la presidente del tribunale di Monza Laura Cosentini, con una nota ufficiale.

“Si sta procedendo ad azione di sloggio di Bramini e della sua casa di Monza, in virtù delle procedure di esecuzione sugli immobili. Dopo iniziale impegno a consentire le visite di potenziali acquirenti, c’è stata un’attività ostruzionistica dello stesso verso ogni iniziativa legittima per la vendita del bene”, fanno sapere da piazza Garibaldi.

L’ex imprenditore del settore rifiuti avrebbe ostacolato l’eventuale vendita della sua casa. Immobile che Bramini avrebbe dato personalmente a garanzia ipotecaria per un mutuo bancario chiesto e ottenuto nel 2001 alla sua società. E sul quale ora la banca, non avendo Bramini ripagato il finanziamento, “ha i titoli per esercitare l’azione esecutiva”.

Aspetto, quest’ ultimo, che già di per sé prescinderebbe dalla questione del fallimento Icom, la società di Bramini dichiarata fallita dal tribunale di Milano nel 2011 (il foro monzese ha competenza solo per gli aspetti esecutivi), anche se “l’esecuzione concerne pure un credito del fallimento Icom di 200mila euro nei confronti di Bramini personalmente”.

Cifra frutto di una transazione proposta dallo stesso imprenditore nel 2014, per chiudere una causa promossa nei suoi confronti dalla curatela per cattiva gestione dell’impresa. E per quanto riguarda i 4 milioni di crediti di cui parla l’imprenditore, “emerge che sono crediti vantati verso enti locali” (che per legge non possono essere equiparati allo Stato ndr). Crediti “allo stato accertati nell’ordine della metà, in quanto in gran parte già ceduti a creditori di Icom prima del fallimento, in parte oggetto di contestazione, in parte accertati giudizialmente come inesistenti”. E dunque due milioni, non quattro: cifra “inferiore al passivo fallimentare di 3 milioni e mezzo di euro”.
“Forte preoccupazione” espressa per il “contrasto alla legittima azione giudiziaria, anche da parte di alte cariche istituzionali”, riguardo l’appoggio dato a Bramini da politici pentastellati e di centrodestra. E un riferimento all’ufficio giudiziario brianzolo, “non insensibile al dramma delle mille famiglie coinvolte ogni anno in procedure esecutive”.