La farsa è finita. Nella serata di martedì scorso, i giocatori del Monza Brianza 1912 – dopo un’accesa discussione a Monzello con il direttore generale Mauro Ulizio – hanno messo in mora la società biancorossa, colpevole di non aver ottemperato a pagare due mesi di stipendi arretrati (settembre e ottobre). Giovedì l’ufficialità, comunicata dai giocatori briancorossi con una lettera pubblicata sul sito internet dell’Assocalciatori: «Con il presente comunicato desideriamo precisare di aver dimostrato concretamente l’attaccamento ed il senso di responsabilità verso la nostra società, rinunciando allo stipendio di agosto con grande sacrificio per le nostre famiglie; grazie a tale gesto abbiamo evitato di incorrere in penalizzazioni. L’invio delle lettere di messa in mora, concordato giovedì 6 novembre con l’Associazione Italiana Calciatori, costituisce la giusta tutela dei nostri diritti e speriamo possa sensibilizzare le istituzioni cittadine e sportive in merito alla situazione di attuale incertezza. Ci auguriamo anche che l’azione oggi intrapresa non venga strumentalizzata per finalità che non ci appartengono. Il nostro impegno, la nostra professionalità, lo spirito di gruppo e la serietà nello svolgere il nostro lavoro non verranno mai meno!”.
Una mossa scontata e propedeutica al fallimento della stessa società, risorta dalla ceneri del primo fallimento nel marzo 2004 del Calcio Monza. Dal momento in cui la società biancorossa riceverà la comunicazione di messa in mora, ci saranno venti giorni per revocare il provvedimento: il Monza pagando le retribuzioni di spettanza, i giocatori ritirandolo. Altrimenti, passati 42 giorni, tutti i giocatori saranno svincolati di diritto. L’ad Maurizio Prada, dopo aver sentito il parere del Collegio sindacale incaricato della revisione legale dei conti, ha deciso di concedere undici giorni al presidente Armstrong-Emery per inviare i soldi necessari a consentire la continuità aziendale.
La sensazione è che il “presidente” anglo-brasiliano non sarà in grado di raggranellare i conquibus per tamponare la falla. Per cui: libri della società in Tribunale e apertura del fallimento concordato.
Quello che in tanti temevano e che ha avuto una improvvisa accelerazione la scorsa settimana. Il giorno in cui la polizia federale brasiliana ha bussato alle porte della società fondata da Armstrong, la Ecohouse, di cui tanto si è scritto a partire dall’estate soprattutto per i milioni raccolti a Singapore con la promessa di restituzione in un anno con interessi da capogiro. Quei soldi non sono mai tornati indietro, per quanto se ne sa: con o senza interessi.
Le indagini sono partite dal fatto che in cinque anni Ecohouse ha investito circa 150 milioni di real nel Rio Grande do Norte senza prove fiscali, un fatto che ha attirato l’attenzione degli organi di controllo e ha portato al lancio da parte della polizia dell’operazione Padrino. «La polizia federale indaga su reati di riciclaggio di denaro, evasione fiscale riconducibili al gruppo che ha sponsorizzato l’Alecrim Football Club. L’indagato principale è l’uomo d’affari Anthony Armstrong, ex presidente dell’Alecrim e proprietario di un club nella città di Monza, in Italia» ha detto Hubner Marcos Flores, capo dell’Agenzia delle Entrate federale di Natal.
I siti della società tacciono. Anche sui social network. Solo Armstrong si è affacciato sul suo profilo facebook dopo la vittoria contro Lumezzane. Ed è stato sommerso dalla reazione, dura, dei tifosi. Ma nessun cenno alle indagini.