La quantità di plastica che finisce negli oceani potrebbe triplicare entro il 2040, raggiungendo un peso complessivo di 600 milioni di tonnellate. Un’impennata alla quale sta contribuendo anche l’emergenza Covid-19, durante la quale il consumo di plastica monouso è aumentato sensibilmente.
A tracciare lo scenario è la ricerca pubblicata sulla rivista Science – riportata da e-gazzette.it -, coordinata da Winnie Lau, dell’organizzazione non governativa Usa The Pew Charitable Trusts. Fra i contributi, quello di Enzo Favoino, della Scuola Agraria del Parco di Monza. Coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, promuove la sensibilizzazione sul tema della dispersione della plastica nelle acque anche attraverso lo sport: il nuoto in acque gelate, protagonista di imprese come la partecipazione al Mondiale disputato in inverno nel lago di Bled, in Slovenia o le traversate invernali di bacini lombardi.
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Sulla base di una simulazione, la ricerca indica che, se non saranno intraprese quanto prima azioni volte a ridurre la produzione e il consumo di plastica, nei prossimi 20 anni la quantità di questa sostanza inquinante è destinata ad aumentare da 11 milioni a 29 milioni di tonnellate: l’equivalente di circa 50 chilogrammi di plastica per ogni metro di costa in tutto il mondo. Secondo la simulazione, gli impegni presi da governi e industria potranno contribuire a ridurre di appena il 7% entro il 2040 la quantità di plastica che raggiunge gli oceani.