«Matteo stava facendo la fatica di diventare grande, e crescere è proprio una bella impresa: bisogna star dietro alla scuola, agli scout, agli impegni di tutti i giorni. Mi rivolgo a voi, amici e giovani di belle speranze. Matteo è morto quando non si doveva morire. Perché non si è innamorato, non ne ha fatto in tempo, non ha messo su casa, non ha avuto una famiglia. Non si è laureato e non ha trovato lavoro, non è diventato un capo. Quante esperienze gli sono mancante. Ragazzi, oggi Matteo vi indica il cammino. Diventate grandi, fatelo sul serio, fatelo fino in fondo. Date il giusto ordine alle cose della vita».
Davide Brasca, padre barnabita del convento del Carrobiolo di Monza ha dato questo suggerimento alle decine e decine di giovani che venerdì mattina alle 11 hanno partecipato alle esequie di Matteo Trenti. La piccola chiesa era gremita, gli amici degli scout in prima fila, e poi i compagni di classe del liceo scientifico Paolo Frisi, gli amici della Gerardiana, la sua squadra di basket, i soci del Monza Marathon Team, di cui il padre di Matteo, Andrea, era socio e consigliere, i membri di Monza in Bici. Presente anche il sindaco di Monza, Roberto Scanagatti, e diversi assessori comunali. L’intera comunità si è stretta attorno alla famiglia, alla madre Luisa e alle sorelline.
Tanti gli amici che hanno preso parola durante la cerimonia e che hanno voluto offrire un ultimo, affettuoso saluto all’amico: «Ci manchi, ci hai privati del tuo sorriso troppo in fretta», hanno detto. La bara bianca, ricoperta di rose, è stata poi trasportata a Genova, sua città d’origine, per essere tumulata nel cimitero cittadino.