Dopo 34 anni, otto dei quali trascorsi in carcere, è arrivata l’assoluzione. Metà della sua esistenza l’ha trascorsa in balia di giudici, avvocati e sbarre, e ora, nella sua nuova vita da uomo libero, a oltre sessant’anni, spera (se dovuto) gli venga riconosciuto un indennizzo per l’ingiusta detenzione.
È una storia sicuramente da raccontare quella di Miguel, nome di fantasia, protagonista di una vicenda che il suo (ultimo) avvocato, il monzese Marco Martini, definisce “paradossale“, riferendosi ai tempi della giustizia e non solo.
Si deve tornare al 1990 quando l’allora 31enne italo-uruguayano fu accusato “da fonti confidenziali, quelle che ai tempi parlavano ma poi non sottoscrivevano il verbale”, dice il legale, di avere ucciso un connazionale in un bar, a Milano, per motivi passionali: “in quanto la vittima avrebbe tentato di abusare sessualmente della moglie del mio cliente”.
Accusato di omicidio assolto dopo 34 anni: parla il suo legale monzese
Ancora, dalla ricostruzione dell’epoca, sarebbe stata la donna a avvisare il marito, che si trovava in patria, in Uruguay, di quanto accaduto nel capoluogo lombardo. Un’onta che, secondo le indagini, Miguel avrebbe deciso di riparare con il sangue, imbarcandosi sul primo volo per l’Italia.
“Peccato che non esistessero voli diretti da Montevideo – dice Martini – e con gli scali si parla di un viaggio di 18, 27 ore, troppe perché il mio cliente potesse essere il giorno dopo a Milano a uccidere il rivale”. A fare acqua sarebbe stata poi anche l’ipotesi del delitto passionale: “il matrimonio era solo una facciata, finto, per regolarizzare la donna, straniera. Tra i due – precisa il legale– non c’era alcun legame sentimentale”.
Accusato di omicidio assolto dopo 34 anni: “Per farlo finire in carcere bastarono fonti confidenziali”
Fatto sta che per far finire in carcere il 31enne bastarono e avanzarono quelle “fonti confidenziali”. “Non furono neppure sentiti i parenti della vittima, presenti durante l’omicidio” dice Martini. Nei confronti di Miguel, a dicembre del 1990, fu emessa un’ordinanza di custodia cautelare.
Colpito da mandato d’arresto internazionale fu processato in contumacia a Milano e condannato a 22 anni e mezzo. Fu arrestato e finì in carcere per tre anni, qualche tempo dopo, in Spagna, dove era andato a trovare la sorella: “Lì si oppose e chiese la restituzione nel termine per fare appello, accolta”. Ma non cambiò nulla: “nel 1991, in primo grado, fu condannato a 23 anni, nel 2012 in Assise d’Appello a 22”.
Accusato di omicidio assolto dopo 34 anni, il legale monzese: “Un plauso ai giudici di oggi”
Dopo altri due anni e mezzo di prigione in Italia, una volta scarcerato, con divieto di espatrio, da Roma tornò comunque in Uruguay mentre i difensori dell’epoca si rivolsero alla Cassazione che, nel 2014, annullò la sentenza di condanna. “Tuttavia, il fatto di avere “rotto” il divieto di lasciare il nostro Paese , gli costò altri 2 anni e mezzo di carcere” dice ancora l’avvocato monzese.
Estradato, visto che la Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio, da settembre dello scorso anno, difeso dall’avvocato Martini, l’imputato ha ottenuto un processo d’Appello bis, a Milano, che dopo cinque udienze, il 17 gennaio ha decretato la parola fine (salvo impugnazioni) alla ultra trentennale vicenda con la sentenza di assoluzione.
“Partendo dal presupposto che, nello specifico, la lunghezza del processo è stata in parte determinata anche dalla condotta del mio cliente, in generale emerge la lungaggine dei tempi della Giustizia nel nostro Paese – dice Martini – Basti pensare che la gran parte dei protagonisti, a partire dal titolare del bar dove avvenne il fatto, che avrebbero dovuto testimoniare nel nuovo processo, sono deceduti. Ritengo tuttavia che ai giudici di oggi, quelli milanesi dell’Appello bis, vada fatto un plauso per come hanno agito, a differenza di quanto avvenne nel 1990 e poi, ancora, nel 2012, riconoscendo la debolezza dell’allora impianto accusatorio”.