Tira aria di ritorno alla vita dopo i mesi più duri della pandemia, quelli della seconda e della terza ondata che, con le restrizioni, hanno arrecato enormi danni, economici e psicologici, alle famiglie. Quelle stesse famiglie, però, potrebbero trovare presto altre amare sorprese ad attenderle.
Se da un lato, infatti, ci sono statistiche già drammatiche dal punto di vista sociale e lavorativo (solo in Brianza, il saldo tra contratti cessati e avviati sarebbe negativo per 13mila unità nei primi mesi 2021) dall’altro lo sblocco dei licenziamenti potrebbe aggravare la situazione, con proiezioni a livello nazionale che variano da oltre 500mila figure a rischio a due milioni. Non sono solo numeri. Sono papà e mamme.
O giovani e meno giovani che sognano di diventarlo, insieme alla persona che amano. Sono persone che hanno desideri e speranze. Speranze che certo fanatismo mercatista ha, negli ultimi anni, sacrificato al Moloch della “flessibilità”, producendo precariato, sofferenza e insicurezza (e, quindi, anche denatalità).
Ora che la luce in fondo al tunnel del virus sembra intravedersi, è arrivata l’ora di riflettere su quale futuro desideriamo: quello in cui al centro delle riflessioni politiche ed economiche tornano la persona e la famiglia o quello in cui al centro c’è, ancora, il Dio Mercato. E il momento di rispondere, purtroppo, non è domani. È adesso.