Vimercate, rivoluzione all’ospedale Dopo tre anni è già tutto da rifare

Una vera rivoluzione. Che potrebbe concretizzarsi entro la prossima estate. Pochi mesi, insomma. «Sì, stiamo pensando a una riorganizzazione» spiega il dottor Marco Bosio, direttore sanitario dell’ospedale di Vimercate. Ecco che cosa sta accadendo.
L’ospedale di Vimercate
L’ospedale di Vimercate

Una vera rivoluzione. Che potrebbe concretizzarsi entro la prossima estate. Pochi mesi, insomma. «Sì, stiamo pensando a una riorganizzazione»spiega il dottor Marco Bosio, direttore sanitario dell’ospedale di Vimercate.

E proprio il nuovo nosocomio progettato da Mario Botta, a tre anni dalla sua inaugurazione, deve essere rivisto. Si tratta sia di una riorganizzazione delle funzioni, sia di un vero e proprio spostamento di reparti. «Sì, ci sarà anche una risistemazione a livello logistico – continua Bosio -. Ma ripeto, stiamo ancora in una fase di trattativa interna». Dove interna indica i colloqui che stanno avvenendo tra direzione sanitaria, direzione generale, medici, infermieri e rappresentanti sindacali. Che già settimana scorsa avevano confermato la volontà dell’azienda ospedaliera di Desio e Vimercate di procedere ad accorpamenti tra i reparti, e non solo a livello logistico.

Perché secondo fonti bene informate della vicenda, ci sarebbe la volontà di procedere alla chiusura del reparto di cardiologia e di inglobarlo all’interno del tulipano. Il reparto, così come strutturato adesso, sembra destinato a sparire: al suo posto ci dovrebbe essere, secondo i bene informati, una riabilitazione. Una decisione presa un po’ a sorpresa dai vertici dell’azienda ospedaliera, che toccherebbero e trasformerebbero così in maniera radicale il vero reparto d’eccellenza del nosocomio vimercatese, composto da un personale medico e infermieristico professionale, preparato e molto umano, che verrebbe rimpiazzato dal personale che lavora all’interno del tulipano, preparato sì, ma sicuramente con meno esperienza nel complesso ramo cardiologico.

«Cardiologia è uno di quei reparti che potrebbe essere interessato, se arriveremo a un accordo, da una diversa soluzione di tipo logistico – ci tiene a precisare Bosio, senza però entrare troppo nei dettagli -. Ma continuerà a funzionare come sempre».

Vimercate ha un ospedale nuovo, è vero. Ma che non manca di problemi. Li aveva rimarcati a suo tempo anche Tito Leone Maria Bertoni (che, contattato, ha preferito non commentare quanto sta avvenendo), direttore della cardiologia di Vimercate, in una serie di documenti conservati all’interno dell’archivio dell’Associazione nazionale dei medici cardiologi ospedalieri (Anmco).

Bertoni, parlando dei problemi connessi all’entrata in funzione del nuovo nosocomio vimercatese, aveva lucidamente sottolineato quelli che erano i problemi da risolvere: le maggiori distanze riducono le possibilità di comunicazione; gli ambulatori in uno spazio comune presentano problemi di gestione non indifferenti; anche l’efficienza per le prestazioni interne è ridotta dalle distanze; è difficile trovare riferimenti negli altri reparti; la distanza tra l’Unità di terapia intensiva cardiologica e il reparto comporta significativi svantaggi perché aumenta i tempi di spostamento, riduce l’integrazione tra i due reparti e dà minori garanzie nel caso di aggravamento del paziente».

Un ospedale bello, soprattutto dall’alto. L’ingresso sembra quello di un aeroporto. I reparti sono chiamati con il nome di fiori. Ma è tremendamente grande, tremendamente dispersivo. E probabilmente si è rivelato anche costoso dal punto di vista gestionale. Che, in un’epoca di vacche grasse, può non rappresentare un problema. Ma in un clima di spending review, con il governo di Matteo Renzi che ha annunciato a mezza voce la volontà di tirare la cinghia della spesa sanitaria delle regioni italiane per un totale di due miliardi di euro, ecco che la necessità di far rendere al meglio una struttura enorme e sottoutilizzata diventa l’obiettivo prioritario per direzione generale e, di conseguenza, sanitaria.

Già alle prese, tra l’altro, con un’ulteriore mazzata, giunta questa volta da mamma Regione Lombardia, che ha deciso l’accorpamento dei centri trasfusionali. Dei 39 attuali in tutta la Regione, ne resteranno solamente 8: qui verrà raccolto , lavorato e preparato per la distribuzione il sangue donato. Monza, e soprattutto Vimercate, perdono il loro centro trasfusionale e faranno riferimento, d’ora in avanti, a Lecco.

«Restiamo in attesa di capire se e quali ripercussioni questa organizzazione possa avere sulle aziende ospedaliere della nostra Provincia e sulla raccolta di sangue – commenta Roberto Saini, presidente dell’Avis di Monza e Brianza – certamente è una novità che desta molta preoccupazione. È un vero peccato che un’azienda come Vimercate con un know-how così elevato perda questa funzione».