Storie di calcio, effetto nostalgia per i tifosi: «Rivogliamo la Caratese»

Erano arrivati ad essere 700, sono poco più di venti: nel 2011 la fusione tra Caratese e Folgore, oggi i tifosi di Carate Brianza rivorrebbero una squadra «rappresentanza di una comunità».
CARATESE TIFOSI FOTO STORICHE
CARATESE TIFOSI FOTO STORICHE Federica Verno

Se fosse una canzone sarebbe “Nostalgia canaglia”, se fosse un nome non ci sarebbero dubbi: ne vorrebbero uno solo, “Caratese”. Tutto è iniziato con la fusione del 2011: la Caratese diventa “Folgore Caratese”, un’operazione che, già dalla denominazione, crea qualche malcontento nella tifoseria: molti non rinnovano l’abbonamento, altri decidono di continuare a sostenere la squadra del cuore «quella che ho sempre messo davanti a tutto – racconta un tifoso – persino davanti all’Inter. Solo per la Comunione di mio nipote ho rinunciato alla partita della nostra Caratese, ma ora non ci riconosciamo più, rivogliamo la nostra storia, la nostra identità, rivogliamo la maglia azzurra».

Non c’era distanza che potesse frenare i sostenitori: trasferte in tutto il territorio italiano, da Nord a Sud, giorni di ferie presi per la partita, vittorie al cardiopalma, gioie e dolori. Ora i tifosi chiedono una sola cosa: «tornare a essere la squadra del nostro paese, un movimento capace di generare passione, attaccamento, fiducia, amicizie, capace di tenere uniti ben 700 abbonati».

Da circa 4 campionati, gli abbonati riescono a seguire le partite a singhiozzo. Non entrano nel merito della nota diatriba, che, in questo momento vede, su due fronti, società e amministrazione comunale, ma chiedono una sola cosa: poter, almeno seguire le partite e «tornare a essere quelli che eravamo».

«Tralasciando il periodo della pandemia – hanno detto due tifosi – pur avendo sempre rinnovato l’abbonamento abbiamo dovuto attenerci a delle decisioni calate dall’alto. Il presidente ha deciso di far giocare la prima squadra a Verano a porte chiuse senza parlare con noi tifosi come se noi non esistessimo. Eppure, ci sono stati anni d’oro, quando eravamo in 700 e seguivamo la squadra ovunque, era bellissimo. Ci sarà un motivo per cui siamo rimasti poco più di venti. E fra questi venti, c’è chi si sta allontanando. Certamente, desideriamo poter tornare al XXV Aprile, per cui abbiamo anche pagato, ma soprattutto ci manca la “Caratese”. Certo, tornare alla mitica “Fossa”, che tutti ci invidiavano, non è possibile, ma almeno poter giocare al campo di Carate, come prima cosa e, in assoluto, essere un vero e proprio movimento di un popolo. Per fare questo, non è necessario solo un campo, ma uno spirito comune, un’idea condivisa, l’amore per il proprio paese rappresentato dalla sua squadra. Oggi la nostra città ha una squadra che si chiama Folgore Caratese e gioca a Verano. A questo punto, sarebbe meglio ricominciare da zero: preferiremmo, paradossalmente, ripartire dalla promozione, ma tornare a essere la rappresentanza di una comunità».