Il contenzioso in atto fra il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e il presidente del Coni, Giovanni Malagò, investe una questione vitale: il futuro dello sport italiano e la scelta su chi debba gestire l’attività sportiva di 7 milioni di agonisti e 20 milioni di praticanti. Il governo vuole istituire un organismo chiamato «Sport e salute spa» (o «Sport e benessere spa»), che si occupi dello sport «non olimpico», lasciando al Coni la guida dell’attività di vertice, come in altri Paesi.
Nonostante quanto pensano gli agiografi di Malagò, l’idea non sarebbe nemmeno terribile, perché potrebbe offrire un’opportunità di rilancio allo sport olimpico, evitando al Coni di doversi occupare di tutto (federazioni sportive, discipline associate, enti di promozione, associazione benemerite).
Il problema però è duplice. Appare stravagante che il governo voglia inserire una questione così delicata, nella legge di stabilità, sulla quale già si litiga 24 ore al giorno. Se si vuole privilegiare il criterio dell’urgenza, si potrebbe puntare a un decreto legge. Invece, no. Tutto di corsa, senza confronto con nessuno, in una notevole confusione di idee e con il vice-regista dell’operazione, il sottosegretario Valente, che fin qui ha avuto esperienze soltanto come operatore di un call-center, attività degnissima, ma non proprio pertinente con lo sport.
Dall’altra parte, c’è Malagò, che ha detto: «Il fascismo aveva rispettato quella che era stata la storia del Coni e non lo aveva occupato». Al presidente, che frequenta l’alta società, ma non ha studiato la storia, bisognerebbe ricordare che nel «Foglio d’ordine» del 2 marzo 1927 si legge all’art. 3: «Il presidente del Coni è nominato dal Capo del Governo su proposta del Segretario Generale del Partito Nazionale Fascista». E all’art. 9: «I presidenti delle Federazioni sono nominati dal Capo del Governo su proposta del Segretario Generale del Partito Nazionale Fascista». Per non parlare degli atleti espulsi in base alle leggi razziali del 1938.
Malagò dovrebbe occuparsi degli sprechi federali, a cominciare da quelli firmati dal suo grande elettore, Alfio Giomi, il n. 1 dell’atletica, che ha presentato fin qui bilanci con spese inversamente proporzionali al numero delle medaglie vinte. Per non parlare delle “dritte” che Malagò ha rifilato al commissario della Figc, Roberto Fabbricini. Come si dice: chi è causa del suo mal…