Calcio Monza, Galliani verso il derby con Como: «60 anni fa andavo in trasferta con il bandierone sulle spalle»

Dopo la pausa l’Ac Monza si prepara al derby con il Como, in trasferta il 3 aprile, da terza in classifica. L’ad Adriano Galliani su presente, passato e futuro dei biancorossi. Amarcord e stadio inclusi.
Adriano Galliani
Adriano Galliani Buzzi/Ac Monza

La volata verso il Sinigaglia è iniziata, anche se prima di Como-Monza ci sono meno di 240 ore di attesa. Adriano Galliani non deve cercare tante parole abbreviare il tempo, perché il derby è il giorno genetliaco della passione biancorossa. «Il derby è la partita più sentita del campionato: 60 anni fa andavo in trasferta in treno con il bandierone sulle spalle».

Ma anche quest’anno la presenza del tifo monzese in trasferta si è dimostrato un valore aggiunto per l’incessante incitamento alla squadra…
«Cittadella e Alessandria sono gli ultimi casi. I nostri tifosi sono rumorosi e li vogliamo anche esultanti».

Parlando di campo, a 7 gare dal termine sarà l’ampiezza della rosa a dare al Monza una marcia in più, soprattutto dopo così tanti turni infrasettimanali?
«Sono sempre stato fautore della panchina lunga. Il mio amico Dan Peterson mi diceva che nel basket le partite si vincono con i primi 5, gli scudetti e le coppe con i secondi 5. Nel basket, come nel calcio, le statistiche dei punti che arrivano da chi è in panchina sono lì da vedersi e anche il Monza ha segnato come nessuno con i subentri. Il turnover sta dando risultati».

Il periodo duro, con le sconfitte interne con Pisa e Lecce, è quindi definitivamente alle spalle?
«La causa del nostro appannamento è stato il Covid. Non ci siamo allenati per un mese, tra isolamento e vacanze programmate. E al rientro in campo a gennaio abbiamo pagato l’inattività: quando il campionato era fermo, gli altri si allenavano. Noi eravamo ognuno a casa propria».

Anche lo scorso anno il Covid e la sua assenza prolungata avevano inciso sul rendimento in campionato. Lo disse chiaramente anche Brocchi.
«Ma io non gioco e non alleno. Però se guardo i numeri, quando ero mancato erano stati solo 7 punti in 6 partite».

A proposito: con il Vicenza, striscioni per lei, per la casacca biancorossa dei veneti, per Saini. Ma nulla per l’ex allenatore. Colpito dall’indifferenza?
«Con noi Brocchi ha vinto un campionato di C e portato il Monza al suo migliore risultato di sempre, un terzo posto in B. So che poi può risultare facile dimenticarsi di un terzo posto, ma non capisco perché molti ce l’avessero con lui».

Nel dopo partita, l’ex mister ha detto che questo Monza è più forte dello scorso anno. Concorda?
«Sì, lo dimostrano anche gli investimenti fatti per la rosa. Ma pure il campionato è più difficile dello scorso anno, sono subentrate nuove proprietà, è aumentata la competitività. C’è più divario tra le prime e le ultime. Ora siamo 4 squadre in tre punti, con Brescia e Benevento che si possono riavvicinare. Dobbiamo stare attenti ai confronti diretti».

Il patron Silvio Berlusconi ha espresso apprezzamenti per Colpani, secondo lei c’è stato qualcuno che ha reso oltre le aspettative?
«Non voglio avere figli o figliastri. Solo dopo essere andato via dal Milan ho detto che Van Basten era stato il più grande che avevamo avuto. Io pranzo con la squadra in tutte le vigilie casalinghe e ormai so interpretare gli sguardi dei giocatori: posso dire che c’è un bel gruppo, unito, senza fazioni o invidie. Si rema tutti verso l’obiettivo».

E questo è uno dei meriti di Stroppa?
«Certamente. C’è anche da dire che abbiamo scelto delle brave persone, ma quando i ragazzi si comportano bene – come nelle famiglie – il merito è di mamma e papà, quindi dell’allenatore del suo staff. Poi capita che se perdi una partita tutto sembri svanire. Ma non è così».

Per il compleanno del presidente Paolo, lo scorso anno, vi regalaste Balotelli. Per la festa privata del patron Silvio, una vetta in B che mancava dal 1977. A luglio, per il suo compleanno, cosa vorrebbe?
«Ma no, non parliamo di regali. Serve solo concentrazione, voglia e speranza. Io che sono nato al San Gerardo vecchio e frequentavo l’oratorio del Carrobiolo dico che l’amarezza sta nel vedere che quasi tutte le città di Lombardia sono state in A: oltre alle milanesi, a Bergamo e Brescia, anche Mantova, Como, Lecco, Varese, Legnano e Busto Arsizio».

Come dire, manca solo il Monza…
«Il Monza è la storia della mia vita. Quindi dobbiamo essere grati a Silvio Berlusconi degli investimenti che sta facendo. Ricordiamoci da dove siamo partiti: abbiamo trovato un disastro atomico, sono stati investiti 13 milioni in opere a stadio e centro sportivo, che ora sono molto belli».

Il presidente Paolo rivelò al Cittadino di voler intitolare Monzello alla memoria di suo papà Luigi. A che punto siamo?
«La cosa verrà fatta, a Monzello abbiamo quasi concluso i lavori, poi diverrà il Centro sportivo Luigi Berlusconi».

E sul progetto stadio?
«Quando andremo in serie A. Speravo che i lavori potessero iniziare la scorsa estate, mi auguro inizino tra pochi mesi e non tra 27 anni, vista la mia non più giovanissima età (ride, ndr). È un progetto molto semplice, con tribuna più vicina al campo e tribune a “c” coperte, come a Udine».

Intanto il pensiero va a Como. In che modo ci si avvicina al derby?
«Anche se al 3 aprile avremo le capienze al 100%, lo stadio di Como ha agibilità solo per 5mila ingressi. I posti in curva per i monzesi credo diventeranno 500, poi attendiamo di capire se l’Osservatorio darà autorizzazione agli acquisti per altri settori anche per i residenti in Brianza».