Vaccinazioni ai bambini, il professor Biondi: «Perché dico sì, 17 bambini morti per Covid in Italia non si possono accettare»

Il professor Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma e professore di Clinica pediatrica dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, spiega il suo sì ai vaccini anticovid per la fascia 5-11 anni.
Monza: il professor Andrea Biondi
Monza: il professor Andrea Biondi Fabrizio Radaelli

Vaccino pediatrico #stopaidubbi. È prevista per nel pomeriggio di giovedì dalle 17 in diretta dal canale Facebook di Regione Lombardia, e anche sul Cittadino, la maratona social per rispondere ai dubbi di famiglie e genitori sulla vaccinazione pediatrica (le domande possono essere inviate fin da subito al numero WhatsApp 3346324686 già attivo).

Tra gli esperti chiamati ad intervenire c’è Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma, professore di Clinica pediatrica dell’Università degli Studi Milano-Bicocca che qui ci anticipa le ragioni per un “sì” al vaccino tra i 5 e gli 11 anni.


Professore, perché occorre vaccinare anche i bambini?


«Nella scelta bisogna valutare rischi e benefici e sappiamo che l’infezione da Covid nella fascia di età pediatrica che va da 0 a 18 anni è un’infezione virale che, nella maggior parte dei casi, decorre in modo asintomatico o paucisintomatico.. Ma i dati forniti dall’Istituto superiore di sanità dall’inizio della pandemia al 9 novembre ci dicono che sotto gli 11 anni sono stati segnalati 260mila casi e sono stati ospedalizzati quasi 2mila bambini. In terapia intensiva, tra i 5 e i 10 anni, sono finiti 46 bambini e 17 bambini sono morti per Covid. Ecco, l’idea che 17 bambini in Italia siano morti per Covid non si può accettare».


Il numero delle prenotazioni indica però un avvio più lento rispetto alle altre fasce di età…


«In Regione Lombardia sono già 40mila i prenotati ed è il numero più alto in Italia. Bisogna che i genitori capiscano che non è vero che l’infezione da Covid per i bambini è un’infezione da nulla. Facciamo vaccinazioni per malattie virali e batteriche che hanno un tasso di mortalità non lontano da quello per Covid».


C’è anche l’aspetto sociale da tenere in considerazione?


«Certo. Bisogna anche che i genitori sappiano che vaccinare il proprio bambino lo rende più protetto a quella vita di relazione propria dell’infanzia. La presenza a scuola, l’attività sportiva, il gioco. Sono attività che i bambini devono fare e che si svolgono in ambienti promiscui, magari non sempre con quelle attenzioni al distanziamento e all’uso della mascherina che gli adulti dovrebbero avere e nemmeno loro hanno…».


Sulla bilancia rischi-benefici, quali sono i rischi?


«Parliamo di un vaccino già inoculato a 100 milioni di pazienti nel mondo. La preoccupazione principale per i giovani è il tema delle miocarditi, un evento raro associato al vaccino anti-Covid. È un evento rilevato più nei maschi, adolescenti e giovani fino ai 29 anni che nella maggior parte dei casi è risultato di entità lieve o modesta. Sul campione di 3.082 bambini tra i 5 e gli 11 anni che hanno partecipato alla sperimentazione che ha portato all’approvazione del vaccino Pfizer non è stato registrato nessun caso. Quindi è chiaro che, come genitore, devo mettere in conto un rischio da cui nessun intervento medico è esente, ma se vogliamo ricollocare l’infezione da Covid da pandemia a endemia, è una scelta da fare».


Vale anche il discorso “se vaccino mio figlio proteggo anche i nonni o i bambini immunodepressi che non possono farlo”?


«Ho visto alcuni messaggi di comunicazione di questo tipo, vanno bene, ma, trattandosi di minori e di genitori che devono scegliere per il bene del proprio bambino, il ragionamento corretto da fare è: “Vaccino mio figlio perché è un beneficio per lui”».


Come è la situazione in questo momento in reparto?


«Se confrontiamo la situazione attuale ai numeri dello scorso anno non c’è confronto. Attualmente su 17 bambini ricoverati in reparto e 25 in oncoematologia c’è un caso Covid-positivo. Un bambino ricoverato per altri motivi, risultato positivo allo screening che facciamo a ogni ingresso. Oggi possiamo dire di essere più tranquilli per i nostri bambini immunodepressi, ma è un risultato che abbiamo ottenuto grazie a un sistema di protezione messo in atto da quasi due anni: i volontari non entrano più in reparto, a lungo i genitori non potevano alternarsi accanto al proprio bambino e solo ora con il Green pass e il tampone è consentita la sostituzione, le attività sono state sospese. Questa non è vita e dobbiamo fare il possibile per tornare alla nostra vita, grazie al vaccino».


Se un bambino ha previsto i richiami di altri vaccini c’è qualche controindicazione?


«Assolutamente no. Abbiamo visto che è possibile fare in contemporanea vaccino anti-Covid e anti-influenzale».


E se un bambino compirà a breve i 12 anni consiglia di aspettare per avere la dose “adulti” o deve iniziare a vaccinarsi?


«Se è questione di poco tempo direi di aspettare i 12 anni, se parliamo di tre o quattro mesi invece lo vaccinerei subito».