A un anno dal conseguimento della laurea triennale, il tasso di occupazione è dell’82,1 per cento, superando di quasi 13 punti percentuali la media nazionale (69,2 per cento) e di 7 punti percentuali la media regionale (75,1 per cento in Lombardia). E tra i laureati di secondo livello (corsi magistrali e a ciclo unico) a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari al 78 per cento, dieci punti in più del dato nazionale (68,1 per cento), due in più del dato lombardo (75,7 per cento), e a cinque anni dalla laurea sale al 93,8 per cento, 6 punti più degli altri atenei presi insieme (87,7 per cento), 1 punto in più rispetto alla media regionale (92,7 per cento). Sono i dati del placement dell’Università di Milano-Bicocca restituiti dal Rapporto 2021 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati svolto dal Consorzio interuniversitario Almalaurea. Le indagini hanno coinvolto 76 università aderenti al Consorzio. Il Rapporto sulla condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 11.934 laureati dell’Università di Milano Bicocca, concentrandosi sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2019 (rispettivamente 4.230 e 2.781 in tutto) e intervistati a un anno dal titolo, e di quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2015 (2.420) e intervistati dopo cinque anni.
Il 63,7 per cento dei laureati di primo livello ha deciso di proseguire il percorso formativo con un corso di secondo livello. Osservando chi invece non prosegue gli studi, ad un anno del conseguimento del titolo, si riscontra un tasso di occupazione pari all’82,1 per cento (3,1 punti in meno dell’anno precedente) mentre quello di disoccupazione è all’8,7 per cento (1,8 punti in più dei laureati 2018). La riduzione del tasso di occupazione e l’aumento di quello di disoccupazione è certamente legato alle difficoltà di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro causato dalla pandemia di Covid-19.
Tra gli occupati, il 21 per cento prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 24,1 per cento ha invece cambiato lavoro, il 54,8 per cento ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Il 31 per cento degli occupati può contare su un lavoro a tempo indeterminato, mentre il 41,7 su un lavoro non standard (in particolare su un contratto a tempo determinato), l’8,5 svolge un’attività autonoma (come libero professionista, lavoratore in proprio, imprenditore, etc.). Il lavoro part-time coinvolge il 16,4 per cento degli occupati. Per quanto concerne la componente retributiva il valore medio è di 1.303 euro mensili netti. Un ultimo aspetto riguarda l’efficacia del titolo di studio che per il 65,9 per cento degli occupati risulta molto efficace o efficace per il lavoro svolto. Tra i laureati nei corsi magistrali e a ciclo unico, a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari al 78 per cento (1,5 punti in meno dell’anno precedente) e il tasso di disoccupazione è pari all’11 per cento (1,8 punti in più del 2018). Anche in questo caso i cambiamenti sono certamente dovuti alla pandemia di Covid-19.
Il 31,2 per cento prosegue il lavoro iniziato prima della laurea, il 16,3 per cento ha invece cambiato lavoro ed il 52,3 per cento ha iniziato a lavorare solo dopo il conseguimento del titolo. Il 28,8 per cento è stato assunto con contratto a tempo indeterminato mentre il 38,2 per cento svolge un lavoro non standard, l’8,4 per cento è impegnato in un’attività autonoma. Il lavoro part-time coinvolge il 18,6 per cento degli occupati e la retribuzione è in media di 1.360 euro mensili netti. Il 59,1 per cento degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo. A cinque anni dalla laurea, il tasso di occupazione si attesta al 93,8 per cento e quello di disoccupazione al 2,6 per cento (sostanzialmente frizionale). Gli occupati assunti con contratto a tempo indeterminato sono il 62 per cento, mentre gli occupati che svolgono un lavoro non standard sono il 12,1 per cento. Svolge un lavoro autonomo il 18,1 per cento e il lavoro part-time coinvolge il 13,8 per cento degli occupati. Le retribuzioni arrivano in media a 1.555 euro mensili netti e il 66 per cento degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto.
Il settore economico di maggior impiego è quello dei servizi che assorbe l’87 per cento, mentre l’industria accoglie il 12,1 per cento degli occupati e decisamente marginale (0,3 per cento) è la quota di chi lavora nell’agricoltura. Osservando invece le caratteristiche della popolazione dei laureati (triennali e magistrali) emerge una significativa presenza di giovani che provengono da studi liceali, il 72,9 per cento, seguiti da diplomati tecnici (22,4 per cento), una parte residuale riguarda giovani con diploma professionale. L’età media alla laurea è 25,2 anni per il complesso dei laureati (24,1 anni per i laureati di primo livello e di 26,6 anni per i magistrali biennali). È importante considerare che non tutti i diplomati si immatricolano subito dopo aver ottenuto il titolo di scuola secondaria superiore, un fatto che certamente incide sull’età media alla laurea. Il 68,4 per cento dei laureati termina l’università in corso: in particolare è il 66,6 per cento tra i triennali e il 72,9 per cento tra i magistrali biennali. Il voto medio di laurea è 100,3 per i laureati di primo livello e 107,6 per i magistrali biennali.
Durante il percorso di studi ben il 75,8 per cento degli intervistati ha dichiarato di lavorare, un dato superiore di oltre 10 punti percentuali rispetto al dato medio nazionale; il 57,5 per cento ha effettuato tirocini riconosciuti dal corso di laurea e l’8,1 per cento ha effettuato un periodo di studio all’estero. L’esperienza lavorativa, l’effettuazione di tirocini formativi e le esperienze all’estero sono certamente un fattore molto rilevante nel percorso di studi sia per poter approfondire, in contesti lavorativi, alcune conoscenze acquisite nel percorso di studi sia, più in generale, per lo sviluppo della “personalità” dei singoli studenti (sviluppo delle soft-non cognitive skill). I laureati Bicocca hanno dato un giudizio certamente positivo del percorso fatto: il 92,6 per cento si dichiara complessivamente soddisfatto e il 76,3 per cento si iscriverebbe di nuovo all’università confermando corso e ateneo.
Per quanto invece riguarda i dati sui dottori di ricerca del 2019 dell’Università di Milano-Bicocca (111 intervistati, il 70 per cento della popolazione totale), il tasso di occupazione è pari al 91 per cento (ben 5,1 punti percentuali in più rispetto al 2018) mentre quello di disoccupazione si attesta al 4,7 per cento (2,5 punti in meno del 2018). Ulteriore dato di grande interesse è il tempo di impiego dal momento della ricerca del lavoro che mediamente è pari a 2,5 mesi. Il 52,5 per cento trova lavoro nel pubblico, il 44,6 nel privato (settori prevalenti: industria 10,9 per cento, consulenza 11,9 per cento, chimica/energia 9,9 per cento, sanità 6,9 per cento) e il rimanente 3 per cento nel non profit.
Il 47,9 per cento dei dottori di ricerca svolge la professione di ricercatore e tecnico laureato nell’università, la parte rimanente è impiegata in altre professioni scientifiche e tecniche di alta specializzazione. Per quanto riguarda le retribuzioni, il valore medio è di 1.674 euro netti, con una marcata differenza di genere; gli uomini si attestano su un valore di 1.748 euro mentre le donne arrivano mediamente solo a 1.593 euro. Da ultimo circa il 70 per cento dei dottori di ricerca ritiene molto efficace o efficace il titolo acquisito per il proprio lavoro.