Cent’anni fa nasceva a Tregasio, frazione di Triuggio, monsignor Antonio Riboldi. Vescovo anticamorra si impegnò con coraggio nella lotta alla mafia. In Campania, ad Acerra, fu il primo a nominare e a condannare dal pulpito gli assassini compiuti dalla camorra. Don Antonio vide la luce il 15 gennaio 1923, figlio dei coniugi Mario ed Emilia. Alla mamma, donna devota, sarebbe rimasto legatissimo per tutta la vita, tanto da tornare a Tregasio con una certa frequenza anche in età adulta.
Monsignor Riboldi: l’affetto per la famiglia
«Era molto affezionato alla sua famiglia -ha ricordato con affetto la cugina Maria Sala-. Diceva che lì, nelle sue radici, trovava la forza per andare avanti nelle battaglie». Il piccolo Antonio iniziò il suo cammino vocazionale ad appena 12 anni: nell’ottobre del 1935 entrò nell’Istituto della Carità tra i padri Rosminiani a Pusiano. «Già lo zio, fratello della mamma, era un padre rosminiano -ha aggiunto la cugina Maria-. In casa mamma Emilia aveva saputo coltivare la fede nei figli». Il 29 giugno 1951 don Antonio Riboldi ricevette l’ordinazione sacerdotale e dopo i primi incarichi a Pusiano e Roma venne destinato nel 1958 alla parrocchia di Santa Ninfa nel Belice, in provincia di Trapani, dove sarebbe rimasto 20 anni.
Monsignor Riboldi: il Belice, poi l’esperienza in Campania
«Quando vide che la ricostruzione tardava e intere famiglie di terremotati vivevano nel disagio si fece loro portavoce -ha raccontato la cugina Maria-. È stata una persona che ha sempre dato tanto, ha dato voce a chi non l’aveva e per questo è stato molto amato». Il 25 gennaio 1978 don Antonio Riboldi venne nominato vescovo di Acerra da Sua Santità Paolo VI. Il 9 aprile dello stesso anno avrebbe fatto il suo ingresso solenne nella Diocesi di Acerra, dove di lì a breve si sarebbe scatenata la faida sanguinaria tra la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e i rivali della Nuova Famiglia. «Quando don Antonio parlava sapeva arrivare al cuore della gente -hanno spiegato i familiari-. Era una persona buona, generosa, schietta e coraggiosa». Un coraggio che seppe tramettere anche ai giovani di Acerra, quando il 12 novembre 1982 si unirono a lui 2mila studenti che ad Ottaviano, Comune di residenza di Raffaele Cutolo, marciarono nelle strade silenziose per urlare la loro condanna alla camorra e ai 282 omicidi registrati quell’anno nella provincia di Napoli. Furono i primi di molti passi che poi si fecero, e si dovranno continuare a fare, contro la mafia. Don Antonio non li potrà vedere, si è spento il 10 dicembre 2017, ma il suo ricordo vive in quanti lo hanno conosciuto, come il giornalista Pietro Perone, che in sua memoria ha pubblicato il libro “Don Riboldi. Il coraggio tradito”.