Una vacanza come tante, poi il terremoto. Johnny Crippa, triuggese di 44 anni si trovava in Nepal al momento della scossa che sabato 25 aprile ha messo in ginocchio il paese facendo migliaia di vittime.
«Sono stato fortunato, molto fortunato – ha detto – Quando c’è stata la prima forte scossa col mio gruppo avevamo da poco lasciato il tempio Dakshinkali, dedicato alla dea Kali, e stavamo viaggiando su un vecchio pulmino. In un primo momento non abbiamo capito cosa stesse succedendo, pensavamo fossero colpi dovuti alle buche sulla strada». In Nepal erano le 12.30 di un giorno festivo e il tempio di Dakshinkali che il gruppo aveva appena lasciato era pieno di gente.
«C’erano almeno mille persone, tutte ammassate in un luogo ripido e piano di scale, fossimo stati ancora lì non so cosa sarebbe successo – ha spiegato il viaggiatore – Fortunatamente invece ci trovavamo in un luogo abbastanza isolato, l’unico segnale di quello che stava accadendo ce lo ha dato l’autista che ha accostato a bordo strada e ci ha fatti scendere dal pulmino, solo allora abbiamo visto a valle crollare una dopo l’altra le ciminiere dei forni dove si producevano i mattoni di argilla, sono andate giù una dopo l’altra».
In Nepal nei villaggi più piccoli le persone vivono in case vecchie, fatte di soli mattoni, queste costruzioni non hanno resistito alla forza del terremoto.
«Cercavamo di capire cosa stesse succedendo poi siamo riusciti a metterci in contatto con l’albergo che si trovava nel centro di Kathmandu – ha continuato a raccontare – L’hotel era integro ma l’intera zona era stata chiusa così la guida ci ha sconsigliato di farvi ritorno e ci ha invece accompagnati in un ampio spazio aperto che veniva utilizzato come parcheggio dei pulmini a poca distanza dall’aeroporto». Il gruppo con cui viaggiava il triuggese era arrivato in Nepal il 17 aprile e sarebbe dovuto rientrare in Italia domenica 26.
«Avevamo l’aereo alle 10.30 della mattina – ha aggiunto Johnny Crippa – Dal parcheggio in cui abbiamo passato la notte del 25 vedevamo continuamente arrivare e partire aerei per cui eravamo ottimisti di riuscire a tornare a casa l’indomani, ancora non avevamo capito la gravità di quello che ci era accaduto intorno».
Il gruppo infatti era in una zona tranquilla al momento della scossa ma i messaggi di preoccupazione che arrivavano dall’Italia li avevano messi in agitazione. «Abbiamo capito che la situazione era davvero grave solo passando davanti al sito Unesco di Pashupatinath dove la popolazione locale brucia i propri morti – ha spiegato Crippa – Tutte le pire erano accese e c’era tantissimo fumo, tantissima gente». Era la popolazione del Nepal che diceva addio ai propri cari rimasti uccisi sotto le case crollate.
«A Kathmandu le case costruite in cemento hanno retto ma gli edifici più vecchi no – ha detto ancora Crippa – Ogni dieci case ne vedevamo una o due crollate, anche i monumenti più antichi non hanno retto alle scosse perché era fatti di solo legno». Oltre all’enorme perdita di vite umane il Nepal dovrà fare i conti anche con la perdita di una larga parte del suo patrimonio culturale. Johnny e il suo gruppo sono rientrati in Italia domenica notte, ora si stanno attivando per dare una mano alla popolazione colpita dal terremoto attraverso la onlus Hanuman (www.hanuman.it) che opera da anni in quelle zone.