«Sono un cervello non in fuga. Resto in una Brianza che deve puntare sui giovani»

Cristina Malegori è una giovane dottoranda di Villasanta. Tecnologa alimentare, spiega che «la ricerca sui cibi è un fattore di crescita per l’impresa Brianza.
Cristina Malegori
Cristina Malegori

Ci sono i cervelli in fuga. E poi ci sono quelli no, che scelgono di rimanere in Italia, per la precisione a Villasanta, per tante ragioni. Una sopra tutte: la passione. È il caso di Cristina Malegori, giovane dottoranda in Innovazione tecnologica per le scienze agroalimentari e ambientali. Villasantese doc , che prende il Besanino tutte le mattine, ore 08.16, per raggiungere Milano. Alla facoltà di Scienze agrarie e alimentari la aspetta il suo dipartimento (DeFens – department of food environmental and nutritional science).

Come sei arrivata fin qui?

Da quando sono bambina, ho un interesse per le scienze, la cucina e gli alimenti. Mi sono diplomata al Banfi, il liceo scientifico di Vimercate. All’università ho scelto la facoltà un tempo sotto il nome di Agraria, laurea in scienze e tecnologie alimentari. Un corso che molti snobbano ma che, negli anni, ha avuto un vero e proprio salto di qualità. Non si occupa solo di alimentazione o addirittura “campi” e “contadini” ma ha materie molto tecniche e ingegneristiche. All’estero la chiamano “food engineering”.

Hai fatto un’esperienza di sei mesi in Brasile. Come hai vissuto lo stacco piccola grande realtà?

Partire per il Brasile ha richiesto un po’ di coraggio ma lo rifarei migliaia di volte. Io arrivo da Villasanta e nonostante i miei studi a Milano, ho sempre vissuto qui: una realtà molto piccola. Ho quindi un po’ subìto la differenza fra il paesino e la grande metropoli (Recife) e quella fra le due università: l’ambiente accademico dell’Ufpe – Universidade federal de Parnambuco è molto dinamico, vive di contatti internazionali e collaborazioni con le imprese. Questo aspetto ha influito molto sulla mia esperienza: per un ricercatore niente è più utile che avere una mente aperta.

Attualmente a che progetto stai lavorando?

Io mi occupo di spettroscopia e la mia ricerca è a metà strada fra la statistica e la chimica. Utilizzo uno strumento all’avanguardia, lo spettrofotometro, sui vegetali in “post raccolta” che mi permette poi di analizzare la composizione chimica dell’alimento. Purtroppo, nonostante la grande portata innovativa dello strumento, in Italia la spettroscopia applicata agli alimenti fatica a insediarsi: non tutti sono pronti a scommettere su una tecnica ancora in fase sperimentale.

In Brianza, con le tante aziende prestigiose che operano nel campo dell’agroalimentare, questa tecnica farebbe proseliti. Cosa ne pensi?

Il mio sogno, e una delle ragioni per cui ho scelto di rimanere in Italia, riguarda proprio la mia terra, la Brianza. Mi piacerebbe, un giorno, collaborare alla creazione di un polo sperimentale che trasferisca le tecnologie messe a punto dalla ricerca all’industria agroalimentare. Qui c’è ottimo cibo, c’è grande spirito imprenditoriale, ci sono aziende che non hanno nemmeno bisogno di presentazione: Pagani, Rovagnati, Vismara, Galbusera, Star solo per citarne alcune. Questa Brianza, se fosse la prima a investire sulla ricerca agroalimentare, dimostrerebbe ancora una volta di essere un passo avanti. Di essere l’anello trainante di un sistema che sta cambiando e che è pronto a scommettere sui suoi giovani.