Sfilata di testimoni al processo in Corte d’Assise contro il 59enne accusato di aver ucciso il vicino di casa Michelangelo Redaelli, accoltellato nel box del condominio di via Parini a Solaro dove vittima e imputato vivevano assieme. Il processo è entrato nel vivo con la testimonianza di un ufficiale dei carabinieri di Desio che ha condotto le indagini e con l’audizione di una serie di altri inquilini dello stesso stabile. Due di questi hanno riferito che l’imputato avrebbe riferito loro una circostanza che, secondo l’accusa, non avrebbe potuto sapere in quel determinato momento, visto che le analisi erano ancora in corso. Ossia quella che i carabinieri del Ris avevano trovato il suo Dna sul giubbotto della vittima. Cosa poi verificatasi, e diventata prova decisiva contro il 59enne. Lo stesso giubbotto, peraltro, sarebbe stato appoggiato per terra all’esterno del garage in cui è stato ucciso Redaelli, e quindi la difesa punta sulla possibilità che lo stesso indumento da cui è stato prelevato dna compatibile con quello dell’imputato potrebbe essersi “contaminato”. Un processo indiziario, dunque, nel quale l’imputato, che contesta la ricostruzione dell’accusa sugli spostamenti avuti quel giorno, si dichiara innocente.