Probabile processo col rito abbreviato per Pino Pensabene, e gli oltre trenta imputati coinvolti nell’indagine sulla “banca della ‘ndrangheta”, gestita, secondo le accuse contestate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, dal “tugurio” di Pensabene a Seveso, in via Isonzo. Venerdì mattina si è tenuta l’udienza nell’aula bunker del carcere di San Vittore, a Milano e la stragrande maggioranza degli imputati sembrano essere orientati al processo col rito alternativo, che concede lo sconto di un terzo della pena.
Altri legali, invece, hanno sollevato la questione di competenza territoriale, chiedendo la trasmissione del processo davanti al “giudice naturale”. Come il difensore di Silvano Napolitano, imprenditore, ex dirigente della Caratese, sotto processo per riciclaggio e false fatturazioni (sotto inchiesta anche da parte della procura di Monza, sempre per reati fiscali) ma non con accuse di mafia o comunque aggravate dall’agevolazione del sodalizio mafioso.
Associazione mafiosa, usura, riciclaggio e altro ancora i reati contestati a Pensabene e agli altri imputati. Le accuse parlano di un giro milionario di riciclaggio di denaro sporco, prestiti usurari ed estorsioni. Una “nuova mafia”, come era stata definita dagli inquirenti quest’anno, impegnata in attività finanziarie che ruotavano attorno alla “banca clandestina” di Giuseppe Pensabene, 47enne di Montebello Ionico, sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Seveso, considerato il nuovo reggente della locale di Desio. La presunta banca della ‘ndrangheta di Pensabene gestiva milioni di euro, e poteva contare su una quarantina di società di copertura. Prossima udienza prevista il 15dicembre. In quella sede, è prevista la richiesta di abbreviato e la discussione del pubblico ministero.