Il diciottesimo “Premio mimosa” istituto dall’amministrazione comunale di Seregno, nella serata di martedì 8 marzo, nei locali della biblioteca civica Ettore Pozzoli, è stato consegnato alla seregnese Silvia Redigolo di Pangea Onlus, all’interno di un momento piuttosto familiare di intrattenimento.
Il sindaco Alberto Rossi, assieme agli assessori Laura Capelli (servizi sociali), Federica Perelli (istruzione) e Ivana Mariani (attività produttive), nell’attribuire il premio ha letto la seguente motivazione: “Le dittature e le situazioni di guerra tendono sempre a moltiplicare la fragilità della condizione della donna. Lo stiamo vedendo in queste ore, in cui l’attenzione e l’apprensione di tutti è rivolta a quanto sta accadendo in Ucraina. Lo abbiamo visto pochi mesi fa, quando l’Occidente ha deciso di abbandonare l’Afghanistan al suo destino. L’Ucraina è un mondo un po’ più vicino, l’Afghanistan lo sentiamo più lontano ogni tanto si squarcia il velo del silenzio, ma poi il velo ritorna. Non per tutti, però. Perché anche per i mondi più lontani, qualcuno sceglie di esserci, di impegnarsi. Il premio Mimosa di quest’anno viene assegnato a “Silvia Redigolo”, per il suo impegno a favore delle donne afghane. “La vita riparte da una donna” è la sintesi delle ragioni e delle finalità dell’impegno dell’associazione Pangea di cui Silvia è attivista da molti anni. C’è bisogno di far ripartire la vita. Ora, dopo la pandemia. Ora, con le tante crisi internazionali in atto”.
Rossi ha concluso così: “Il premio Mimosa a Silvia Redigolo è il ringraziamento per quanto lei, anche a nome della città di Seregno, fa affinché le donne siamo messe in condizione di essere il motore da cui riparte la vita”.
“Ringrazio per questo riconoscimento – ha detto Silvia Redigolo – ma ci tengo a sottolineare che questa targa non è per me ma per la mia associazione Pangea e per tutte le mie colleghe volontarie operatrici di pace impegnate in Afghanistan, in cui le donne vivono situazioni difficilissime. Sono tutte recluse in casa e non possono uscire mai, perché uscire vuol dire morire. I corridoi umanitari annunciati non sono mai arrivati né allora né tantomeno adesso che la situazione afghana è passata in secondo piano e i talebani imperano. Le donne attiviste hanno la taglia sulla testa. A casa mia ogni tanto arrivano delle donne afghane che in questo momento si trovano in Italia. Alcune di loro le ho portate a visitare Seregno e passeggiando per strada mi hanno detto “qui mi sento sicura”. Con loro incontriamo tante comunità che ci vogliono incontrare e desiderano sapere di più dell’Afghanistan”.
Un momento musicale ha avuto per protagonista l’artista 45enne Arsene Duevi, del Togo in Italia dal 2002, che ha eseguito cinque diversi brani, sia in Italia che nelle lingua del Togo, l’eve: “Per un bambino”; “Zibidi”, dedicata alla sua mamma; “Sciura” (in milanese); “Viscere”; “Agama”, “Camaleonte”.