Seregno, il consiglio di Stato chiude il contenzioso per la cappella lefrebviana

Palazzo Spada ha stabilito la perenzione del ricorso dell'associazione San Giuseppe Cafasso, che aveva impugnato una sentenza del Tar sulla chiusura dell'immobile di culto
L’immobile oggetto del contezioso

Il contenzioso giudiziario che ha opposto il Comune di Seregno e l’associazione San Giuseppe Cafasso, con oggetto l’immobile di via Eschilo, adibito a suo tempo a cappella della fraternità di San Pio X, società di vita apostolica fondata nel 1970 da Marcel Lefrebve, arcivescovo cattolico poi scomunicato da Papa Giovanni Paolo II nel 1988, è ufficialmente concluso. Giovedì 18 gennaio, la sezione quarta del consiglio di Stato di Roma, presieduta da Luigi Carbone, ha pubblicato un decreto, con cui ha stabilito la perenzione (di fatto l’estinzione) dell’appello presentato dall’associazione San Giuseppe Cafasso, per ottenere la riforma della sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, risalente al 2018, inerente il mancato accoglimento della pratica relativa alla richiesta di cambio di destinazione d’uso dell’edificio.

Consiglio di Stato: un contenzioso nato nel 2017

Come è noto, i lefrebviani hanno acquistato nel 2012 il capannone industriale dismesso, con la finalità di riconvertire il suo utilizzo in cappella, originariamente molto frequentata dai fedeli, non senza problematiche riguardanti la viabilità ed i parcheggi nella zona soprattutto la domenica, con conseguenti lamentele dei residenti. All’inizio del 2017, però, un’ordinanza comunale aveva imposto la chiusura della chiesa tradizionalista, dopo la mancata adozione di un piano delle attrezzature religiose, previsto dalla normativa regionale. La novità aveva fatto scattare il ricorso al Tar della Regione Lombardia dell’associazione San Giuseppe Cafasso, che aveva visto bocciata la sua istanza. L’appello al consiglio di Stato, invece, è stato archiviato, dopo che il 12 settembre scorso la segreteria della sezione di Palazzo Spada aveva comunicato alle parti la perenzione ultraquinquennale e che nei termini non è stata inoltrata la richiesta di fissazione di una nuova udienza.