Alla fine dell’anno la riforma Maroni della sanità lombarda scade. E poi bisognerà chiedersi cosa farsene. Intanto l’Anaao Assomed, uno dei più rappresentativi sindaci medici d’Italia, chiede di metterci una pietra sopra e passare oltre: per esempio rivalutando la medicina territoriale, un nervo scoperto dallo scoppio della pandemia da Sars-Cov-2.
”L’associazione ha più volte dichiarato che il servizio sanitario regionale lombardo non riesce a garantire prestazioni adeguate sul territorio, in termini di presa in carico dei cronici, di appropriatezza delle prestazioni, di coordinamento tra ospedale e distretti, di programmazione e di controlli” si legge in una nota del sindacato che fa seguito a un’analisi dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ente pubblico di valutazione.
“Ora Agenas, con parole certamente più pacate ma non meno efficaci, certifica un sostanziale fallimento delle buone intenzioni della riforma di Maroni e addirittura affonda la lama su alcuni mantra del sistema formigoniano, quali la separazione tra erogatori e programmatori, base per la concorrenza e la libera scelta dei cittadini” è la lettura che ne dà Anaao, secondo il quale l’indagine abbia inciso negativamente sul sistema sanitario pubblico.
Per Stefano Magnone, segretario regionale Anaao-Assomed Lombardia l’indagine dice che nel sistema sanitario lombardo “il privato, non adeguatamente programmato e controllato, tende a sviare le regole per centrare il core business sulle prestazioni più remunerative, lasciando ad altri, segnatamente al pubblico, le prestazioni magari più necessarie ma fonte più di debito che di guadagno. Certamente Regione Lombardia ha ampi spazi di miglioramento, speriamo lo faccia uscendo da una certa tendenza all’autoreferenzialità che cade di fronte a numeri e documenti fondati”.
Il riferimento è al documento “La riforma del Sistema Sociosanitario Lombardo (LR 23/2015). Analisi del modello e risultati raggiunti a cinque anni dall’avvio” pubblicato il 16 dicembre 2020. Nelle conclusioni si legge che “si rende necessario” tra l’altro che sono necessari dipartimenti di prevenzioni che fanno capo alle Asst (gli ospedali) e distretti “con funzioni di governo ed erogazione delle prestazioni distrettuali, prevedendo un adeguato coinvolgimento dei sindaci”. Insomma, sanità territoriale, che passi dalle Asst anche per “l’attuazione degli atti di indirizzo, di pianificazione e di programmazione regionali con le connesse attività di programmazione ed organizzazione dei servizi a livello locale, sulla base della popolazione di riferimento”.
E ancora funzioni di controllo sui privati assegnati alla Regione o meglio alle Ats (le ex Asl) e soprattutto a una Ats unica, così come possibilmente strumenti migliori di coordinamento e programmazione e verifica degli accordi contrattuali.